La voce della conduttrice è rotta dall’emozione quando annuncia che la Corea del Nord risponderà ad ogni provocazione degli Stati Uniti e… improvvisamente la televisione si spegne e così le luci della piccola camera d’albergo, i lampioni delle strade. Restiamo al buio completo per qualche minuto, poi il suono di un generatore precede il fiat lux.

Appartamenti in vendita

Le interruzioni di corrente elettrica continuano ad essere frequenti nel Paese e capisco perché il costo degli appartamenti in Corea del Nord diminuisce mano a mano più elevati sono i piani in cui si trova l’abitazione.

«Non è comodo farsi dieci piani a piedi perché l’ascensore non funziona» mi dice uno dei tanti mediatori che, dopo il 2004, hanno preso d’assalto il mercato immobiliare della nazione facendo da tramite tra gli amministratori del Dipartimenti Regionali di Assegnazione degli Alloggi e i donju, i nuovi ricchi che stanno sempre più prendendo le redini dell’economia nordcoreana, tanto ricchi da potersi permettere di spendere l’equivalente tra i 120 e i 200.000 euro per comprare un appartamento nel centro di Pyongyang.

Segnali di economia privata

Nel piccolo paesino di campagna dove mi trovo vicino a Wonsan, alloggio in una bed and breakfast famigliare, uno dei primi esperimenti di economia privata concessi dal governo.

Famiglie dall’indiscussa fedeltà al regime, certo, ma anche un modo per avvicinare gli stranieri al reale modo di vita del popolo nordcoreano. Come oramai molte delle case in Nord Corea, anche questa ha un impianto fotovoltaico per sopravvivere ai black out energetici. Nei jangmadang, i mercati privati che ormai sorgono in ogni distretto, i pannelli solari sono, assieme agli elettrodomestici, i prodotti più ricercati. «Costano tantissimo, tra i 300.000 e il milione e mezzo di won, ma sono oramai indispensabili» spiega Kwak Ji Eun, una contadina della cooperativa agricola di Hamhung.

Con le “Misure del 30 maggio”, il pacchetto di riforme economiche varate da Kim Jong Un nel 2014, grazie alle quali i contadini possono trattenere per sé tra il 30 e il 60% del raccolto e i manager dell’industria statale hanno forti incentivi sui profitti, i jangmadang si stanno sempre più sostituendo agli spacci statali, anche se i prezzi sono enormemente superiori.

E quello che non si trova nei jangmadang, lo si può trovare nei golmokjang i mercati non autorizzati, ma tollerati e ampiamente frequentati dalle stesse autorità di partito. È qui che i nordcoreani acquistano i DVD delle serie televisive sudcoreane, le radio che captano trasmissioni a onde corte, mp3 con gli ultimi successi dei cantanti sudcoreani Ailee o dei Twice. Al confine con la Cina cominciano anche a comparire parabole satellitari, accuratamente celate, che permettono di captare trasmissioni giapponesi, cinesi, russe, sudcoreane, mentre negli alberghi è possibile guardare la BBC o la CNN.

Non più Paese eremita

Insomma, il mito dell’eremitaggio nordcoreano si sta infrangendo e sono ben pochi, nel Paese che credono ancora di vivere in un paradiso.

«Sappiamo che i sudcoreani sono molto più ricchi di noi e la nazione che i nostri padri credevano fosse arretrata, in realtà è tra le più sviluppate al mondo, ma sappiamo anche che il nostro è un Paese che ha sconfitto il colonialismo giapponese, ha respinto l’invasione degli USA e non ha accettato alcun tipo di colonialismo». Insomma, i nordcoreani rappresentano il vero spirito degli antenati, che a meridione del 38° parallelo è stato, invece, inquinato dall’arrendevolezza dei politici di Seoul. La riforma economica voluta da Kim Jong Un ha fatto sì che l’80% delle entrate economiche di una famiglia media provenga da attività private.

Ristoranti, bar, orti, bancarelle, intermediazioni sono oramai appannaggio dei privati e il lavoro statale, che frutta tra i 3.000 e i 5.000 won al mese, è solo una misera parte degli introiti, che nella media si aggirano sui 100.000 won mensili, l’equivalente di 770 dollari al cambio ufficiale che si riducono a 15 dollari al mercato nero.

E così in moltissime delle case si trovano frigoriferi di marca Siemens, televisori a schermo piatto giapponesi, forni a microonde cinesi, lavatrici. Oltre due milioni di coreani posseggono uno smartphone e molte famiglie possono contare sulle rimesse di parenti che vivono all’estero, in particolare in Giappone, Cina e Russia. Persino 10.000 dei 27.000 nordcoreani rifugiatisi al Sud spediscono soldi alle loro famiglie per un equivalente di 10-15 milioni di dollari all’anno, una fonte di valuta pregiata importantissima per il regime.

Nella Kim Il Sung University e nella Pyongyang University of Science and Technology (PUST), l’unico istituto privato in Nord Corea, finanziato dalla Chiesa Cristiana Evangelica sudcoreana, vi sono sessioni tenute da economisti statunitensi, canadesi, europei che stanno crescendo i futuri manager del Paese.

«Se prima era la carriera militare a garantire il successo di un nordcoreano, ora è il collegamento con le istituzioni dell’economia di mercato ad essere valutato come priorità. Sempre più famiglie di classi sociali elevate pagano tangenti ai militari per evitare ai loro figli i due anni di servizio obbligatorio e dirottarli verso scuole di economia» confida Kang Go Eun, professoressa di economia alla PUST.

La nuova politica di Kim Jong Un

La politica del byungjin, la linea di “sviluppo parallelo” inaugurata da Kim Jong Un il 31 marzo 2013 che prevede che ricerca nucleare e sviluppo economico si sostengano a vicenda, ha permesso al Paese di concentrare attenzione e finanziamenti su specifici settori diminuendo il budget alle forze armate del 2-3% rispetto agli anni precedenti.

Questo, da una parte ha allontanato dalla vita politica i militari (la Commissione degli Affari di Stato, l’organismo più importante del Paese sorto nel 2016 per rimpiazzare la Commissione Nazionale di Difesa, ha solo quattro militari su tredici membri, mentre la precedente ne aveva sette su dieci) e dall’altra ha concesso ossigeno ad un’economia stremata. E la cura di rivitalizzazione sta funzionando.

Nota della redazione: l'articolo è stato realizzato da un blaster che è stato personalmente in Corea del Nord e ha raccontato la sua esperienza.