Il lancio avvenuto domenica scorsa del missile Hwasong-12 da parte della Corea del Nord è avvenuto non a caso una settimana dopo l’elezione di Moon Jae-in a presidente della Corea del Sud e dopo che Trump aveva espresso la disponibilità di incontrare Kim Jong Un. Sedersi al tavolo con un potenziale missile capace di colpire una base americana nel Pacifico è, senz’altro, un punto di forza a favore del leader nordcoreano che, in caso di un faccia a faccia con i due interlocutori, ora può calare il suo asso nella manica.

L'obiettivo di Pyongyang: l'ICBM

Tutto questo, però non è sufficiente a Pyongyang, per impensierire la Casa Bianca: malgrado tutti gli sforzi fatti, sino ad oggi la Corea del Nord non possiede alcun missile balistico a gittata intercontinentale (ICBM) in grado, cioè, di avere un raggio d’azione superiore a 5.500 chilometri e capace di colpire direttamente il territorio statunitense. Sia il KN-14 (10.000 km di gittata) e il KN-08 (11.500 km) sono ancora in fase di sperimentazione, mentre il missile più avanzato oggi disponibile dalle forze armate nordcoreane è il Musudan, che può giungere a 3.500 chilometri di distanza dalla base di lancio e la cui affidabilità non ha ancora raggiunto livelli apprezzabili: nel 2016 su sei lanci effettuati dalle basi di Wonsan e Kuson, ben cinque sono falliti.

Un programma iniziato nel 1979

Il programma missilistico delle forze armate nordcoreane è iniziato nel 1979, quando l’allora presidente egiziano Sadat vendette a Kim Il Sung alcuni missili Scud. Da allora l’industria missilistica nordcoreana ha fatto passi da gigante mettendo in pratica la stessa identica idea utilizzata dalle compagnie giapponesi e sudcoreane per sviluppare le loro merci e invadere il mercato internazionale: migliorare i prodotti secondo le proprie esigenze per raggiungere livelli di qualità ragguardevoli.

È grazie a questo impegno che l’attività militare è oggi, per Pyongyang, la maggiore fonte di valuta pregiata ed è alquanto improbabile che, sin quando il regime non troverà altri sbocchi per attirare investimenti stranieri, rinunci a questa linfa vitale per la propria economia.

I primi Hwasong 6 e Hwasong 7, derivati dall’ormai antiquata tecnologia Scud, avevano una gittata di soli 1.000 chilometri; i successivi perfezionamenti avevano portato alla famiglia dei Nodong, i primi missili che, oltre a superare la soglia dei 1.000 chilometri di gittata, iniziarono a far conoscere la qualità militare nordcoreana all’estero.

Il 2016: l'anno della svolta

Il 2016 è stato l’anno che ha visto l’attività missilistica più attiva che mai: oltre ai già citati Musudan, sono stati introdotti due altri nuovi tipi di vettori: il KN-11, chiamato anche Pukkuksong-1 e la sua successiva evoluzione, il Pukkuksong-2. Il Pukkuksong-1 è il primo missile che può essere usato dalla marina nordcoreana a bordo dei sommergibili. I test, iniziati il 16 marzo 2016 e continuati sino a dicembre, sono falliti, ma hanno contribuito a perfezionare l’arma sino al nuovo Pukkusong-2 che, a differenza degli altri missili, utilizza combustibile solido. Il passo in avanti è stato enorme: la corrosività del combustibile liquido impone che il missile debba essere rifornito di carburante solo prima del lancio, allungando i tempi di preparazione e rendendo, nel frattempo, l’intero impianto vulnerabile ad un attacco esterno.

Un missile a combustibile solido, invece, può essere rifornito già prima di essere messo in posizione di lancio, limitando il pericolo di intercettazione.

Il missile Hwasong-12 è ancora un’arma balistica a raggio intermedio (IRMB). La sua gittata può raggiungere i 4.000 chilometri e colpire, al massimo, la base americana di Guam, nel Pacifico. Relativamente poco pericoloso, dunque, per il Pentagono, ma ciò che preoccupa maggiormente la Casa Bianca è la modalità con cui è stato effettuato il test di domenica scorsa. L’Hwasong-12 è stato fatto entrare nell’esosfera, a più di 2.000 chilometri di altezza, e poi condotto di nuovo a terra sino a centrare un bersaglio distante 787 chilometri dalla base di lancio.

Questo indica che Pyongyang sta perfezionando gli studi sui missili intercontinentali la cui difficoltà è, appunto, il rientro nell’esosfera per poter raggiungere l’obiettivo senza disintegrarsi al contatto con l’atmosfera.

Nucleare e missili: una ricerca intrecciata

Ad oggi è questo lo stadio più avanzato dell’industria missilistica nordcoreana. Anche se la Corea del Nord riuscisse a collaudare con successo un missile ICMB, il successivo ostacolo sarà quello di costruire un razzo tanto potente da poter portare nella sua ogiva una bomba nucleare, troppo pesante per essere trasportata dai normali razzi a disposizione di Pyongyang.

Ecco perché il progresso della ricerca nucleare si concentra sulla cosiddetta bomba nucleare miniaturizzata.

Lo scorso marzo 2016 il Rodong Sinmun ha pubblicato una foto in cui si vedeva Kim Jong Un “dirigere i lavori per montare un ordigno nucleare su un missile balistico”. L’immagine ritraeva quella che veniva descritta come una bomba nucleare in miniatura, ma non è dato a sapere se quell’oggetto fosse un modello o una bomba reale. Vero è, comunque, che la Corea del Nord ha da tempo avviato un programma di ricerca sulla bomba a idrogeno, o termonucleare. A Hamhung il Hungnam Chemical Fertilizer Complex ha un locale adibito all’arricchimento del litio 6, metallo indispensabile per la produzione del trizio che, assieme al deuterio è il reagente per ottenere la fusione nucleare. L’energia sprigionatasi dalla fusione di trizio e deuterio all’interno dell’ordigno, sarebbe decine di volte superiore a quella di una normale bomba a fissione. In questo modo i nordcoreani sperano di ridurre il peso dell’arma per poterla trasportare su un missile.