Il calcio è cambiato per sempre il 15 dicembre del 1995. Eh no, non si tratta di una partita memorabile - in quel periodo dell’anno è un po' difficile - e neppure dell'esordio di un crack, o del ritiro di una leggenda. Quel giorno la storia del calcio è stata scritta lontano dal rettangolo verde di gioco, e più precisamente in un'aula di tribunale. Sono passati ormai 22 anni da quando la Corte di giustizia dell'Unione Europea, pronunciando quella che è comunemente conosciuta come "sentenza Bosman", decise - in base all'articolo 39 dei Trattati di Roma - che i calciatori dell'Unione Europea alla scadenza del contratto potevano trasferirsi gratuitamente ad un altro club purché facente parte di uno Stato dell'UE.

Fu infatti il calciatore belga Jean-Marc Bosman - all’epoca militante nel RFC Liegi - ad interpellare la Corte, esprimendo la sua volontà di trasferirsi al Dunkerque in Francia, decisione ostacolata dal Liegi, poiché la società transalpina non aveva offerto una contropartita sufficiente in denaro, nonostante il contratto fosse scaduto nel 1990. Prima di tale provvedimento, qualora una società avesse voluto acquistare il cartellino di un giocatore, avrebbe dovuto sempre versare una somma di denaro al club di appartenenza del calciatore in questione, anche se il contratto era scaduto.

Da allora il calcio non è più stato lo stesso.

Non è stato più possibile porre un tetto agli stranieri, eccezion fatta per gli extracomunitari; aumentò sensibilmente il potere contrattuale dei calciatori e soprattutto dei loro procuratori (Jorge Mendes e Mino Raiola insegnano), dato che in prossimità della scadenza del contratto i club di appartenenza si vedevano costretti a cedere i loro tesserati al miglior offerente per non rischiare di perderli gratis subito dopo, anche a cifre ben al di sotto del reale valore di mercato.

Tutto ciò indebolì notevolmente i vivai, con i club che preferirono puntare su giocatori stranieri già affermati, anziché gettare nell'arena giovani speranze, rafforzando al contempo le società con grosse disponibilità economiche, che non avevano alcun problema ad acquistare i migliori calciatori sul mercato senza distinzione di nazionalità, mentre in precedenza vi era un limite di tre stranieri in rosa.

Si tenga presente che il limite agli extracomunitari può essere aggirato, qualora il giocatore in questione possieda il passaporto comunitario grazie a discendenti europei (basti pensare agli argentini di origine italiana), o per aver ottenuto la cittadinanza di un paese comunitario. Se il calcio è passato dall'essere sempre più un business piuttosto che un vero sport, è soprattutto a causa della sentenza Bosman, che ha introdotto i dettami della globalizzazione all'interno del gioco più amato del mondo.

Per farsi un'idea, è sufficiente dare un'occhiata all’albo d’oro dei vincitori della Coppa dei Campioni/Champions League: quante squadre del calibro di Stella Rossa Belgrado, Steaua Bucarest, Olympique Marsiglia, Nottingham Forest, Amburgo hanno avuto la possibilità anche solo di puntare a vincere la coppa dopo il 1995?

Chissà cosa sarebbe successo se il RFC Liegi avesse accettato il trasferimento di Jean-Marc Bosman al Dunkerque. Chissà se i petroldollari avrebbero invaso il calcio senza un provvedimento che ampliasse fortemente il potere d’acquisto dei club, permettendo loro di spendere e spandere a proprio piacimento. Chissà se personaggi come Mino Raiola avrebbero avuto il potere di tenere in ostaggio uno dei club più titolati al mondo.

Nessuno può saperlo. Probabilmente la globalizzazione avrebbe imposto in qualche altro modo la sua dura legge. Quel che è certo è che da quel giorno il calcio è cambiato per sempre. E non potrà mai più tornare quello di prima.