Silvia Romano è stata sequestrata più di cento giorni fa in un piccolo villaggio del Kenya, Chakama, a soli 80 km dalla Malindi di Briatore & company. Qui la ragazza svolgeva un'attività di volontariato con la ong Africa Milele. Silvia si occupava in particolare dei bambini del villaggio e non aveva paura, perché voleva vivere nel mondo libera, seppur donna, seppur giovane.

Più di cento giorni sono passati e le ultime notizie ufficiali risalgono al 21 gennaio. Dopo i primi momenti di frenetiche informazioni di lei ci si è completamente dimenticati. Il 21 gennaio, le autorità kenyote hanno fatto sapere che secondo loro la ragazza è ancora viva e sarebbe rimasta sempre in Kenya. Da lì in avanti la strategia del silenzio. Anche se, dalle pagine di Open emergerebbe un'indiscrezione di pochi giorni fa che vorrebbe la ragazza condotta in Somalia.

La strategia del silenzio della Farnesina

Un modus operandi diplomaticamente corretto da parte delle autorità competenti italiane e kenyote, perché da questo potrebbe dipendere la trattativa che potrebbe riportare Silvia tra le braccia dei suoi cari e nel suo paese, l'Italia.

Questa storia del resto inizialmente credevano si risolvesse in pochi giorni. In seguito si è probabilmente complicata per il passaggio della sequestrata nelle mani dei terroristi islamisti di al-Shabaab, anche se la notizia non è mai stata confermata. Sono stati setacciate le grandi foreste di Boni,1350 km quadrati ma di lei nessuna traccia.

Dall'ottimismo iniziale si è giunti al silenzio, un silenzio che comincia a fare male, a chi ha a cuore la vicenda e pensa che non vi sia colpa nell'essere rapite. La Farnesina parla di 'stretto riserbo nel solo interesse della connazionale' e, come spiegato prima, dal lato istituzionale è una giusta condotta.

Ma Silvia è scomparsa due volte: dal villaggio dove viveva e lavorava in Kenya e dai media, dal cuore degli italiani.

Ed è l'indifferenza della gente, più che le strategie delle forze dell'ordine che fa riflettere.

Una indifferenza verso la sorte di Silvia che si evince anche dai social: poca solidarietà, poche pagine a suo favore e addirittura molte persone su facebook hanno 'incolpato' la ragazza di essersi avventurata in quelle terre, come se il voler far volontariato fosse una colpa. Altri si sono addirittura lamentati del fatto che 'dovrà essere l'Italia, quindi noi con le tasse che paghiamo, a risolvere il problema causato da questa ragazza'.

Nel giorno della festa della donna io voglio pensare proprio a Silvia Romano che forse merita le venga chiesto perdono. Perdono da parte di un mondo ancora troppo feroce, e mi riferisco a chi l'ha rapita ma anche a chi, in Italia la critica ferocemente per le sue scelte di vita indipendente, mentre lei lontano dai suoi cari lotta per la sua esistenza. Silvia Romano è una cittadina italiana, ha 23 anni ed una donna che ama la vita e ama aiutare gli altri. Buon 8 marzo.