Da vent’anni – stagione televisiva più, stagione televisiva meno – su Mediaset va in onda il Grande Fratello, prima nella versione NIP, e oggi in quella VIP. Un format che ha aperto strade, portato la realtà nella televisione italiana, e che oggi cerca con alterni successi di mantenere viva l’attenzione del suo pubblico.
Ne abbiamo parlato con Vanni Codeluppi, sociologo e docente di Sociologia dei media all’Università IULM di Milano.
Professor Codeluppi, da dove nasce il Grande Fratello?
Credo che il Grande Fratello sia il modello fondativo del genere televisivo del reality. È nato in Olanda, e poi si è diffuso in tutta Europa, con una missione chiara: portare delle persone normali, comuni, senza caratteristiche o competenze particolari in una televisione che fino a quel momento era appannaggio solo dei professionisti.
Da quel momento anche il genere del reality si è diffuso, si è modificato, ha aggiunto caratteristiche come sfide, eliminazioni e ambienti ostili.
Ma come tutto, anche i programmi televisivi invecchiano.
Esatto: hanno dei cicli di vita più o meno lunghi, ma per rimanere attrattivi hanno bisogno di modificarsi ed evolversi. Per questo nel 2016 è stata introdotta la versione VIP del Grande Fratello. Le novità permettono alle trasmissioni di rinnovarsi e di avere quindi successo: dei programmi con cicli di vita troppo lunghi invece non si parla più.
In Italia la versione VIP ha avuto un buon successo, con una diretta non-stop online, due appuntamenti settimanali su Canale 5 e parecchi mesi di durata.
Perché il pubblico si è appassionato al Grande Fratello?
Nell’edizione NIP, quella con le persone comuni, c’erano forti le ragioni dell’identificazione: il pubblico si riconosceva nei partecipanti, che erano pizzaioli, ingegneri, studenti. In questo aiutava anche la regia, che oltre a scegliere le persone in base alla professione e alla provenienza faceva anche uno studio delle varie personalità, per rappresentare tutte le identità. Il pubblico poteva trovare un concorrente simile a se stesso dal punto di vista sociologico ma anche psicologico.
C’è anche il tema della partecipazione del pubblico, che nei reality in generale e nel Grande Fratello in particolare ha un ruolo centrale: poter scegliere chi eliminare e avere la possibilità di commentare direttamente attraverso i social e il web è sempre stato molto importante. Entra in gioco anche il piacere di prendersi una piccola vendetta su chi mi sta antipatico, come se fosse un “nemico” che posso punire in modo legale e senza ripercussioni.
In questo senso i reality sono stati davvero rivoluzionari.
È così, e il Grande Fratello ha fatto da apripista. Il web ha influenzato profondamente la televisione, che usa i reality come strumento per tenergli dietro. Oggi sui social ci sono VIP che fanno dirette, che rispondono ai nostri commenti su Instagram o ai direct che mandiamo (o incaricano qualcuno di farlo, ma questo al pubblico non sempre arriva): i social garantiscono un’orizzontalità che in tv solo il reality può avvicinare.
Quindi gli ingredienti della ricetta perfetta del Grande Fratello sono identificazione e orizzontalità?
C’è anche la componente voyeuristica: lo spettatore da casa sua guarda delle persone in un’altra casa. È la versione in grande e legale dello spiare il vicino dal buco nel muro. Guardano la loro vita quotidiana, con le difficoltà, i malesseri, i litigi e le relazioni che nascono. Anche se lo spettatore ormai sa che dietro c’è un’attenta regia, gli psicologi spiegano che il voyeurismo rimane comunque uno dei piaceri proibiti della vita.
Come si applica la componente dell’identificazione ai VIP, che spesso vivono una vita molto distante da quella dello spettatore medio?
I VIP che partecipano al Grande Fratello non sono esattamente delle celebrità, o dei personaggi famosi nel pieno della loro carriera.
Spesso sono VIP decaduti o agli inizi, che devono (ri)lanciarsi. Diciamo che sono l’anello di congiunzione tra le persone comuni e le celebrità, un po’ come i personaggi delle serie TV o dei film. Permettono allo spettatore di immaginarsi un’altra vita.
Questa edizione del Grande Fratello VIP è molto intensa, stanno succedendo molte cose. Un concorrente si è ritirato, ci sono stati atti di bullismo e varie squalifiche. Di solito sono cose che la regia prevede o di cui è in qualche modo a conoscenza: non penso volessero o avessero previsto gli atti di bullismo, ma ogni anno servono idee nuove per non far stancare il pubblico – alla fine una rete televisiva è un’azienda, che deve produrre risultati in termini di ascolto, che poi diventano risultati economici.
Il pubblico non si rende conto di questa perdita di spontaneità sempre maggiore?
No, secondo me no, e per due motivi. Il primo è che i partecipanti vengono istruiti su come comportarsi davanti a uno schermo. Oltre alla spontaneità delle situazioni che vivono ci sono anche livelli di recitazione, corsi, strumenti. Il secondo motivo è che il pubblico del Grande Fratello è spesso fatto da persone giovani o ingenue, che non sono in grado di cogliere i diversi livelli. Altri invece se ne rendono conto, ma si godono comunque lo spettacolo.