Il Governo di Meloni titola il nuovo ministero della Scuola “dell’Istruzione e del Merito". In tempi non sospetti, molto prima del 2022, il pedagogista Andrea Canevaro raccomandava: "Dobbiamo svelare l'inganno delle parole: la scuola del merito è la scuola che smette di investire su chi è in difficoltà".

Le due parole accostate hanno creato molte polemiche, sono stati versati negli ultimi giorni fiumi di inchiostro, mentre sui social si sono moltiplicati i commenti attorno alla parola "Merito".

Il merito a scuola

Una della possibili risposte la si trova cercando la parola nel dizionario Treccani che definisce la parola meritare “essere degno di avere”.

E il verbo avere (possedere) riferito al contesto scolastico crea un cortocircuito.

Il primo cortocircuito si crea perché la scuola statale è pubblica, aperta a tutti e a tutte, senza alcuna distinzione di cultura e senza alcuna retta.

Il secondo cortocircuito è meno evidente ma c’è da considerare che la cultura, il sapere che la scuola dovrebbe fornire non si può comprare ma si dovrebbe assimilare in un arco temporale più o meno lungo.

Il tempo e l’universalità della scuola

La scuola italiana oggi è dell’obbligo dai 6 ai 16 anni, parte fondamentale della vita di ogni persona perché nucleo formativo dell'individuo e proprio in virtù di questa universalità e ampiezza temporale, la scuola interessa tutti.

Così si spiega in parte perché questa nuova definizione di scuola ha fatto discutere sia molti professionisti dell’educazione: maestri, pedagogisti, presidi, professori che cittadini e cittadine comuni.

La scuola dei pedagogisti

I grandi maestri dell’educazione che hanno reso celebre (in tempi passati) la nostra scuola hanno scardinato proprio il concetto di merito per realizzare un’istruzione che potesse mettere al centro del suo agire, non il risultato sempre uguale e misurabile, il merito inteso come obbiettivo, ma lo studente, la studentessa.

Maria Montessori, Don Lorenzo Milani, Bruno Munari, Mario Lodi, il già citato Andrea Canevaro, Marco Zavattini hanno messo a punto, ognuno in modo diverso, una scuola educativa oltre che una scuola di sapere nozionistico.

Lo scrittore francese Rabelais specificava: “Il bambino non è un vaso da riempire, ma un fuoco da accendere”.

Accendere la passione per il merito significa incentivare la competizione verso un solo e unico risultato prefissato e definito da qualcuno, per tutti uguale. Accendere la passione per il sapere, la cultura, significa educare alla collaborazione con gli altri e al benessere del singolo.

Citando Don Milani possiamo anche aggiungere: “Non c’è ingiustizia più grande che fare parti uguali tra diversi”.

E ancora nonostante tante carenze della nostra scuola, in classe ci sono tanti talenti diversi che non possono ambire allo stesso obbiettivo per raggiungere il merito deciso da altri.