I Giudici Supremi della Terza Sessione Penale della Corte di Cassazione hanno dichiarato irrilevanti le questioni di incostituzionalità delle norme tributarie sollevate dal collegio di difesa di Silvio Berlusconi e hanno rigettato il ricorso contro la sentenza emessa dalla Corte di Appello di Milano il 19 ottobre 2013, che aveva ridotto da cinque a due anni la durata dell'interdizione dai pubblici uffici.
Dunque la Corte di Cassazione ha confermato in via definitiva la pena accessoria dell'interdizione dai pubblici uffici per due anni nei confronti di Silvio Berlusconi per il Processo Mediaset, in aggiunta alla condanna con sentenza definitiva e irrevocabile alla pena di quattro anni di reclusione per frode fiscale.
Sicchè si fa sempre più complicata e precaria la situazione del "Cavaliere", che scalpita dalla voglia di ridiscendere nell'agone elettorale.
Sulla scorta di quanto sancito dalle norme di legge attualmente in vigore si trova di fronte un duplice impedimento: la ineleggibilità per interdizione dai pubblici uffici e la incandidabilità per sei anni a seguito di condanna definitiva superiore a due anni, per reati gravi.
Lo spiega e conferma il Presidente della Giunta per le Elezioni e L'Immunità Parlamentare del Senato Dario Stefàno, che ribadisce che la ineleggibilità derivante dalla interdizione dai pubblici uffici non sostituisce l'incandidabilità, bensì si aggiunge ad essa e cita in tal senso la Legge Severino.
Tra le prime reazioni alla notizia della sentenza si fa notare quella di Fabrizio Cicchitto del Nuovo Centrodestra ed ex alleato di Berlusconi nel Pdl, che esprime la sua solidarietà al "Cavaliere" e riporta in primo piano la questione della richiesta della Grazia al Presidente della Repubblica.