Sono oltre quaranta le Agenzie europee che, in modo indipendente, controllano vari aspetti della comunità, dai farmaci agli alimenti, dalle banche alla sicurezza, dall’informatica ai trasporti. Le prime risalgono agli anni ’70 ma la maggior parte sono sorte circa vent’anni fa. Due di queste sono a Londra, l’Agenzia Europea per il Farmaco (Ema), e l’Autorità Europea per le Banche (Eba).

Dopo la Brexit, tanti Paesi si stanno candidando per portare uno o più di queste Agenzie sul loro territorio. Anche l’Italia ci sta provando. Ma la concorrenza è forte e il risultato non scontato.

L’EMA - Agenzia Europea dei Medicinalicerca una nuova collocazione

Dopo la Brexit, tante cose cambieranno, a partire dalla collocazione di molti uffici strategici. Da gennaio 2019, infatti, Agenzie come l’Ema e Autorità come l’Eba, dovranno essere trasferite in un altro Paese comunitario.

Roberto Maroni, Presidente della Lombardia, e Giuseppe Sala, neosindaco di Milano, hanno già presentato la loro candidature per l’Ema.

Luca Pani, Direttore generale dell’Aifa (Agenzia Italiana per il Farmaco), è andato a Londra per convincere i colleghi d’oltremanica che il nostro Paese ha le carte in regola per ospitare l’Agenzia che, ogni anno, riceve 64mila delegati e garantisce oltre il 20% delle procedure comunitari. Lo stesso Nice (National Institute for Health and Care Excellence), importante valutatore della farmacovigilanza, non potrà più essere in un Paese extra-europeo.

L’auto-estromissione britannica ha generato una fase di confusione e incertezza a livello comunitario, ma creato numerose opportunità in una comunità di 600 milioni di persone dove, ancora una volta, ogni Paese vuole trarre il massimo profitto dalle crisi altrui.

Così a Londra, oltre che dall’Italia, sono arrivati delegati da Amsterdam, Madrid, Varsavia.

Ma anche nel nostro Paese c’è una certa competizione. Nei giorni scorsi, il Presidente Nicola Zingaretti si è attivato “per ospitare nel Lazio” l’EMA. Ha chiesto la collaborazione del neosindaco di Roma, Virginia Raggi che, a differenza del suo collega di Milano, non è sembrata particolarmente sensibile a questa opportunità, avendo in agenda numerose altre criticità da seguire.

Eppure, in questa regione, il comparto farmaceutico è un elemento trainante dell’economia, con otto miliardi di fatturato (il 38% del sistema Italia) e oltre trecento imprese del settore che danno lavoro a ventiduemila addetti.

All’esitazione della Raggi si è contrapposto la disponibilità del sindaco di Latina, Damiano Coletta, nel candidare il capoluogo pontino per la nuova sede dell’Ema, territorio al primo posto nel settore farmaceutico, per produzione ed export.

Il punto di vista britannico

I cittadini del Regno Unito sono i primi ad essere stati colti di sorpresa dall’esito del referendum del 23 giugno 2016. Molti hanno votato per il “leave” più per una forma di ritorsione verso il governo in carica che per una valutazione ponderata sul loro destino. In tanti, infatti, hanno chiesto di non dare seguito all’esito referendario o di indire un nuovo referendum. Nulla di tutto questo potrà avvenire.

Allora, il futuro è tutto da disegnare.

Dal risultato dei vari negoziati tra Bruxelles e Regno Unito, dipenderà il futuro di queste Agenzie. Se dovranno dislocare del tutto o potranno continuare ad avere un ruolo, anche se dall’esterno alla EU.  Per il momento l’EMA, con i suoi 890 dipendenti e collaboratori esterni, continuerà a garantire la nostra salute umana attraverso il controllo dei farmaci in circolazione. 

Difficile prevedere l’esito di questa contesa. Di certo l’impegno italiano è forte, a partire dal premier Matteo Renzi. Del resto, un Paese che, a Parma, già ospita l’Autorità per la sicurezza alimentare europea (Efsa) e che vuole fare un grosso investimento in quella che fu la sede dell’Expo a Milano, con il progetto “Human Technopole”, sarebbe del tutto lecito, agli occhi degli britannici e degli altri membri comunitari, accettare la candidatura del nostro Paese.