C'è grande attesa e fermento per l'appuntamento del 24 ottobre: in Parlamento saranno discusse alcune linee guida che animano delle recenti proposte di legge. Tra le tante proposte in discussione, una fra tutte è quella che desta maggiore attenzione: si tratta della nr. 2354 (con altre collegate). Il punto del contendere? La riforma della legge 1261, promulgata il 31 ottobre del 1965, che disciplina i compensi dovuti ai parlamentari, così come le varie indennità di cui fino ad oggi godono.
In sostanza, quali sono le variazioni contenute in questa proposta di legge? A promuoverla è Roberta Lombardi, parlamentare "targata" M5S, il che, a qualcuno, reca già qualche fastidio. Il contenuto della proposta si rivela ancora - se possibile - più irritante, inviso a chi fino ad oggi si è assicurato un cospicuo gruzzoletto, partecipando - si e no attivamente - alla vita parlamentare.
In primo luogo, si parla concretamente di riduzione dello stipendio percepito dai parlamentari, "abbassato" fino al tetto di una corresponsione mensile pari a 5.000,00 euro per 12 mensilità, al lordo - ovviamente - delle varie ritenute previdenziali ed assistenziali previste.
E, per maggior tutela, le legge prevede anche la rivalutazione in base agli indici Istat.
Anche le cosiddette "indennità"- in essere per quanti tra i parlamentari non risiedono stabilmente a Roma - sarebbero oggetto di revisione: il rimborso massimo previsto dalla proposta di legge si attesta sui 3.500,00 euro mensili, a sostegno delle spese sostenute per le spese di viaggio e soggiorno. E i cosiddetti "portaborse", chi li paga? Niente paura: la proposta di legge ha previsto anche loro, pur se con importi nettamente inferiori a quelli in vigore: 3.690,00 euro a valere sulle spese per l'esercizio del mandato e per i collaboratori.
Beppe Grillo dal suo blog: riforma epocale
In soldoni, quale beneficio porterebbe questa legge - se approvata - alle casse dello Stato Italiano?
Ne fa una stima proprio Beppe Grillo, che sul suo blog dà i numeri (e questa volta abbastanza realistici): i tagli previsti comporterebbero una riduzione di circa 61 milioni di euro per la voce stipendi e di circa 26 milioni di euro, che attualmente lo Stato sostiene per le spese telefoniche e di viaggio dei propri parlamentari.
Gongola, Grillo, e parla di riforma epocale. Un risparmio che si attesterebbe intorno ai 90 milioni di euro annui. Ed è proprio questo dato a costituire la "pietra dello scandalo", come sottolinea lo stesso Luigi Di Maio nel post su Facebook.
Surclassata la proposta del Pd
I dati forniti dai pentastellati, infatti, si rivelano di gran lunga superiori, in termini di risparmio, alle ipotesi contenute nella proposta di riforma costituzionale, tanto spinta dal Pd (Renzi in testa), e che affronta anch'essa il nodo del taglio dei costi della politica.
Come voteranno gli esponenti del Partito Democratico? Questo il domandone dell'anno: Di Maio, dal canto suo, auspica l'adesione di tutti i colleghi al sostegno ed all'approvazione di una legge che regala - finalmente - una reale boccata di ossigeno alle nostre casse, già tanto sofferenti ed impoverite.
Parla di logica, Di Maio, e la lingua batte dove il dente duole: il cavallo di battaglia del Pd, i tagli ai costi della politica, è solo propaganda o rappresenta una reale volontà di agire? La risposta non tarderà: la legge dovrebbe essere oggetto di discussione e voto nei giorni immediatamente successivi al 24 ottobre, data di presentazione alle camere, sperando - ovviamente - che non sia rispedita al mittente (ovvero in Commissione) per salvare la faccia al referendum.
Chi vivrà, vedrà. E chi ha testa pensante, si spera la usi.