Il Movimento Cinque Stelle aspira ad 'ereditare' dal PD la guida del Paese, ma tra le tante caratteristiche del partito in questo momento al governo, una che decisamente i grillini devono evitare di avere in dote è il talento per l'autolesionismo. Quanto sta accadendo a genova rischia di fare molto male alle ambizioni pentastellate, perché sta mettendo in luce un un problema grave all'interno del movimento stesso: la presenza di innumerevoli correnti.

Se Marika Cassimatis, scelta online dai militanti come candidato sindaco di Genova, viene detronizzata da Beppe Grillo in persona, è perché il leader teme la vicinanza della stessa ad alcuni noti dissidenti. La decisione dei vertici è puramente politica ed in parecchi la stanno interpretando come la palese dimostrazione di un partito politico che tiene maggiormente alla propria stabilità rispetto agli interessi dei cittadini genovesi. Alcuni militanti hanno espresso la loro contrarietà, scrivendo a chiare lettere sui social di non avere più fiducia nella leadership di Grillo. Ma la protesta non si limita solo al web e sta squassando il feudo ligure del M5S.

Il meet up di Valle Stura ha fatto la scelta drastica dello scioglimento, mentre in Valpolcevera ben tre consiglieri comunali pentastellati su quattro si sono dimessi.

'Nessuna prova della mia infedeltà'

Frustrazione e rabbia, invece, da parte della diretta interessata. "Grillo porti le prove della mia infedeltà al movimento", ha scritto Marika Cassimatis su Facebook, e sempre sulla pagina del noto social ha polemicamente postato una foto che mostra Alice Salvatore, consigliere regionale pentastellata in Liguria, insieme al sindaco di Parma, Federico Pizzarotti, uomo-simbolo dei dissidenti. "Tante persone mi hanno espresso solidarietà - scrive Marika Cassimatis - perché quanto accaduto con la cancellazione delle votazioni online è contrario al nostro principio di democrazia diretta. Chiedo allo staff di Beppe Grillo di documentare le motivazioni di questa scelta che, al momento, è semplicemente una pretestuosa diffamazione". In tal senso, aggiungiamo che l'hashtag #iniziodellafine, postato da parecchi militanti, non lascia presagire nulla di buono.