Non si arresta l'invasione dei territori curdo-siriani al confine con la Turchia da parte dell'esercito agli ordini di Tayyip Erdogan. Nella realizzazione del suo progetto militare, il Presidente turco non ha esitazioni. È di poche ore fa l'affermazione: "La Turchia non dichiarerà mai il cessate il fuoco". Evidentemente, le condanne meramente verbali dell'Europa non hanno avuto effetto.

Nemmeno le minacce lanciate dagli Usa sono sufficienti: Erdogan dice infatti di non essere preoccupato per le sanzioni promesse da Trump.

A cosa mira Erdogan

Lo scopo "ufficiale" della campagna militare avviata in Siria consiste nel prendere il controllo dei territori limitrofi ai confini turchi, al fine di creare "aree cuscinetto" che permettano l'allocazione forzata dei profughi siriani (circa 3,5 milioni) ospitati oggi in Turchia. A venire messe a ferro e fuoco dalle forze armate turche sono le città siriane abitate dai curdi, da sempre osteggiati da Erdogan per via delle mire indipendentiste che coinvolgono anche parte del territorio della Turchia.

Se il progetto militare sortisse l'effetto desiderato, il nazionalismo turco avrebbe vinto due battaglie: liberarsi dei profughi di guerra delle Siria e indebolire il popolo curdo in Siria e, di conseguenza, in Turchia, che con grandi sacrifici durante la guerra civile siriana ha guadagnato rilevanti spazi di autonomia. Secondo alcuni è la stessa esistenza del popolo curdo a essere messa in pericolo dalle operazioni di Erdogan, che entro i confini turchi racconta l'iniziativa bellica come necessaria al rafforzamento dell'identità nazionale oltre alla necessità di un'operazione antiterroristica. Gli indipendentisti curdi, infatti, sono considerati alla stregua di terroristi dal Governo turco.

Il Presidente turco ha bloccato l'Europa

Fuori dai confini nazionali, il messaggio lanciato da Tayyip Erdogan è speculare: chi non è d'accordo con le operazioni militari turche in Siria deve essere pronto ad accogliere i profughi siriani rivolgendosi all'Europa, che soggetta al ricatto del Presidente turco tentenna e non riesce a reagire con misure comuni (per ora niente embargo e sanzioni in comune), lasciando l'iniziativa ai singoli Paesi membri. L'opinione pubblica internazionale non mostra esitazioni nella scelta di schierarsi contro Erdogan, anche se al di là delle dichiarazioni mancano ancora soluzioni politiche tese a contrastarne l'iniziativa militare.

Consenso interno: Erdogan punta sul nazionalismo turco

Stupiscono invece i segnali di consenso che giungono a Erdogan da parti importanti del suo Paese. La più inquietante manifestazione di consenso viene da alcuni calciatori della nazionale turca, che in più occasioni (nel match contro l'Albania e in quello contro la Francia) si sono espressi con il saluto militare, eloquente simbolo di adesione alla campagna militare turca in Siria. Appare comunque certo ciò che il "Sultano" si propone di fare. In un periodo storico in cui, dopo oltre 15 anni di potere, all'ultima tornata elettorale il suo consenso interno appariva calante e il suo successo in discussione, causa un'opposizione sempre più forte e vari imprevisti di percorso, capaci di far vacillare il suo potere (in particolare la crisi della lira turca).

Erdogan cerca ora di riattivare attraverso la guerra le leve del nazionalismo turco, l'antico orgoglio del popolo che fu il cuore dell'impero ottomano e che, umiliato dal suo crollo, con Ataturk ridiede forma alla propria identità. Ora tale identità, nella narrazione di Erdogan, è minacciata da un nemico esterno e interno: i curdi e i profughi siriani che vanno rigettati oltre i confini della Turchia.