Erdogan manda oggi la Turchia, tutt'ora candidata all'ingresso nell'Ue, alle urne per decidere la composizione del nuovo parlamento e il nome del nuovo presidente, con un anno e mezzo di anticipo sulla scadenza naturale.

La riforma costituzionale e la scommessa di Erdogan

Tale anticipo è fondamentalmente la scommessa di Erdogan, che dopo la riforma costituzionale che conferisce ampi poteri al presidente, punta ad una rielezione e alla maggioranza assoluta in parlamento, per continuare un "regno" che ormai dura da 15 anni. Ma, per la prima volta, il presidente turco si trova ad affrontare i timori diffusi tra la popolazione, di una crisi economica ormai in atto, testimoniata anche dal crollo della lira turca.

Le difficoltà economiche e il crollo della lira

Il crollo della lira turca è stato impressionante in questi ultimi due mesi, con un valore sul dollaro che se nel 2010 era quasi in rapporto di 1:1 (ci volevano 1,28 lire per acquistare un dollaro) ora è di quasi 5:1, cioè ci vogliono 4.67 lire per acquistare un dollaro. Questo nonostante i ripetuti interventi della Banca Centrale Turca, che ha continuato ad alzare il tasso di riferimento portandolo al 17,75% (per capire basti pensare che la Bce mantiene il tasso a 0 da qualche anno). A fomentare tale svalutazione è essenzialmente la sfiducia degli investitori in un presidente che dimostra da tempo la volontà di accentrare su di se tutte le leve del comando, cercando di interferire a più riprese con la politica monetaria della Banca Centrale, in aperto contrasto con la formale indipendenza della stessa, condizione necessaria per far parte delle economie avanzate di libero mercato.

Naturalmente questi problemi vanno di pari passo con la crisi ormai conclamata dell'economia turca, con l'inflazione in salita costante e la bilancia commerciale in profondo rosso. Le imprese turche sono molto indebitate e i titoli di stato turchi pagano un interesse record del 16%.

La curva dei rendimenti fa suonare l'allarme rosso

In particolare, preoccupa moltissimo l'inversione della curva dei rendimenti tra i titoli di stato a breve e lungo termine, con i primi, che, contrariamente a ciò che avviene di solito, pagano interessi maggiori rispetto ai secondi, segnalando la disponibilità degli investitori ad acquisti prevalentemente a breve termine a patto di avere una remunerazione maggiore: insomma, non ci si fida più della Turchia.

La strategia elettorale di Erdogan

In calo nei sondaggi, non più sicuro della vittoria presidenziale al primo turno, minacciato dalla rimonta del candidato laico kemalista Ince, attualmente accreditato di un 30% di consensi ma in crescita, Erdogan promette la fine dello stato d'emergenza proclamato all'indomani del golpe ai suoi danni di due anni fa e rilancia la strategia del "nemico esterno", annunciando un nuovo intervento militare nel nord dell'Iraq, presidiato dagli storici nemici curdi del Pkk. Basterà? intanto la gente teme la crisi e sono sempre più quelli che iniziano a dissentire dalla politica del pugno di ferro, con la quale Erdogan trattiene in prigione 48.000 persone, tra i quali insegnanti, giornalisti, medici, poliziotti e soldati accusati di aver fiancheggiato i golpisti.