Siamo giunti alla data di rinnovo del Memorandum Italia-Libia: salvo improbabili iniziative contrarie delle istituzioni italiane, che come previsto non si sono verificate, l'accordo di collaborazione per la gestione dei flussi migratori che ha suscitato tante polemiche si rinnova automaticamente oggi, sabato 2 novembre. Nei giorni scorsi abbiamo assistito a una forte pressione da parte delle Ong sul governo per superare o almeno riconfigurare decisamente i tratti del Memorandum; all'attività alacre delle organizzazioni non governative attraverso i canali dell'attivismo e dei social, si è aggiunto anche l'appello di una ventina di deputati, senatori, europarlamentari per la sospensione dell'accordo.
Come già per altri temi connessi all'immigrazione, la continua campagna elettorale in cui sono impegnate le forze di governo non ha permesso di rispondere positivamente a tali sollecitazioni: sul controllo dei flussi migratori la destra fa premio con grande facilità e la sospensione degli accordi avrebbe significato, per la maggioranza, prestare il fianco agli attacchi di Salvini e Meloni. Inoltre per il Pd sussiste anche un problema di coerenza interna dal momento che il Memorandum nasce per iniziativa di Minniti, che pochi giorni fa è tornato a difenderlo in un'intervista al Corriere della Sera. Di Maio, in qualità di Ministro degli Esteri, ha accennato ad alcune proposte che dovrebbero rendere gli accordi con la Libia più accettabili.
Prima di arrivarci però, facciamo il punto sul Memorandum.
Come nasce il Memorandum Italia-Libia e cosa prevede
Il Memorandum nasce nel 2017 e ha come controparti contrattuali lo Stato italiano, rappresentato allora dal governo Gentiloni, e quello libico, rappresentato dal governo di Sarraj, che pur controllando solo una parte esigua di Libia è, ora come allora, riconosciuto dalla comunità internazionale.
Il patto tra i due Stati, finalizzato a limitare l'afflusso di migranti in rotta verso l'Italia, fu promosso con grande energia dal Ministro dell'Interno Marco Minniti, in un momento storico in cui l'Italia era destinazione di flussi migratori di gran lunga più consistenti rispetto a quelli attuali.
Attraverso il Memorandum si predispose il finanziamento e l'addestramento della Guardia costiera libica, in gran parte composta da milizie private, che lo Stato italiano ha equipaggiato con motovedette, gommoni e attrezzature varie.
Infatti all'indomani della firma dell'accordo Sarraj presentò una lista di risorse e di mezzi (imbarcazioni, ambulanze, equipaggiamenti vari) che si aspettava gli fossero forniti per svolgere la vigilanza sulle rotte dei migranti. Il Memorandum non si occupava solo di delegare alla Libia la sorveglianza sul mare, ma prevedeva di bloccare il tragitto dei migranti ben prima che arrivassero sulle coste.
Fondamentali nel Memorandum sono stati gli accordi sull'istituzione di "centri di accoglienza" in terra libica: sostanzialmente luoghi di detenzione ove chi aspirava a prendere la via dell'Europa veniva rinchiuso a tempo indeterminato, senza considerare l'eventuale diritto di asilo che avrebbe potuto vantare in Europa.
La legge libica prevede l'incarcerazione per chi varca irregolarmente i confini dello Stato. D'altronde, la Libia non ha nemmeno ratificato la Convenzione di Ginevra sullo status dei rifugiati, che sancisce i diritti riconosciuti ai cosiddetti "migranti forzati" dalla comunità internazionale e obbliga gli Stati a proteggerli.
Le violazioni nei centri di accoglienza
Spesso i cosiddetti "centri di accoglienza" sono stati tacciati di gravissime violazioni dei diritti umani: stupri, torture, estorsioni. Lo stato delle cose è stato documentato all'opinione pubblica da inchieste giornalistiche di testate quali L'Espresso e Avvenire, il cui contenuto è accreditato da un Rapporto Onu che risale a dicembre 2018 e in cui si racconta una realtà detentiva fatta di continue vessazioni, come già denunciato dalle Ong.
I "centri di accoglienza", oggi ormai rinominati "lager", di cui si conosce per certo l'esistenza sono 19, si sa però che insistono sul territorio libico altre strutture di detenzione in cui le condizioni di vita dei migranti potrebbero esser addirittura peggiori.
Quanto costa il Memorandum
Al Memorandum ufficiale si affiancherebbero poi altri accordi ufficiosi con le milizie libiche: organizzazioni paramilitari costituitesi al momento dell'implosione dello Stato libico e che ancora oggi controllano porzioni di territorio del frammentato Stato libico. Di tali accordi hanno riportato ampie testimonianze i giornali, ma quanto siano finora costati gli accordi rimane un mistero: il governo italiano infatti non ha mai reso note le cifre necessarie a finanziare i "centri di accoglienza", la Guardia costiera libica e soprattutto eventuali altri accordi con le milizie.
Secondo Oxfam l'Italia ha versato a Sarraj almeno 150 milioni di euro negli ultimi tre anni, a cui si aggiunge un finanziamento di oltre 91 milioni di euro dall'Europa solo per la Guardia costiera, cui si aggiungono quasi 135 milioni per "migliorare le condizioni dei migranti".
La spesa complessiva non si conosce, ma Avvenire, che segue da vicino la vicenda libica, parla di una possibile "contabilità da svariati miliardi di euro" occultata tra le pieghe dei bilanci pubblici degli Stati europei: soldi spesi al fine di delegare ad altri il peso dei migranti in termini di consenso politico. Il costo più rilevante però, in ottica geopolitica, è il continuo ricatto da parte di Sarraj nei confronti dell'Europa: la minaccia di cessare ogni vigilanza e lasciar partire i migranti.
Sarebbero infatti ottocento mila, stando alle parole di Sarraj, i potenziali migranti che potrebbero aspirare all'Europa, se le autorità libiche dessero il via libera. Così, Sarraj vincola a sé l'appoggio politico delle cancellerie europee contro il rivale Haftar e mantiene il proprio ruolo in patria.
Cosa intende fare Di Maio
Davanti a un quadro tanto complesso il Ministro degli Esteri italiano ha tentennato fino all'ultimo, poi nell'informativa alla Camera ha indicato la necessità di agire per "migliorare l’assistenza dei migranti salvati in mare e le condizioni dei centri". Dichiarazioni di volontà piuttosto vaghe, che potrebbero però a breve trovare espressione concreta, come indicato nei giorni scorsi dal Corriere della Sera in base alle dichiarazioni di alcune fonti governative.
Il governo italiano intenderebbe in primis intensificare la presenza di personale delle agenzie Onu (OIM e UNHCR) nei centri di detenzione, al fine di garantire il rispetto dei diritti umani (finora infatti le organizzazioni umanitarie - Onu compreso - hanno avuto accesso limitato nei centri libici). Si intenderebbe poi gestire i migranti detenuti attraverso corridoi umanitari, che permettono la selezione alla fonte degli aventi diritto di asilo in Europa, e i rimpatri volontari, cioè l'offerta di denaro e mezzi per il rientro in patria ai migranti di cui si verifica l'assenza di requisiti per l'ingresso in Europa.
Se prendiamo per verosimile quanto dichiarato dalle fonti del Corriere, dobbiamo però notare come tali iniziative, pur costituendo un indubbio passo avanti in termini di responsabilità, sono lontane dal risolvere il problema: il numero dei selezionati per l'ingresso regolare attraverso il sistema dei corridoi umanitari sarebbe esiguo e pochi sono anche coloro che, dopo tante fatiche, accetterebbero volontariamente di venire rimpatriati.
Resta inoltre da chiarire quale sarebbe il ruolo dell'Europa. Sono attese per i prossimi giorni delucidazioni da parte del Governo sulle proposte in fase di negoziazione con la Libia e sullo stato delle trattative.