Erdogan può stare sereno: l'Europa ha troppa paura dell'altissimo numero di rifugiati siriani attualmente ospiti della Turchia per reagire seriamente alle azioni militari intraprese dal Capo di Stato turco nel Kurdistan siriano. Oggi il Consiglio dei Ministri degli Esteri degli Stati europei ha optato per una via più morbida, l'impegno individuale dei singoli Stati ad autonome iniziative di blocco dell'esportazione delle armi in Turchia, al posto dell'embargo come misura comune per punire l'intervento militare turco contro il popolo curdo in Siria.
Di Maio: per l'embargo ci voleva troppo tempo
Le dichiarazioni del Ministro degli Esteri italiano Luigi Di Maio giustificano la rinuncia a un vero e proprio embargo relativamente alla esportazioni di armi in Turchia per ragioni di opportunità e di tempismo: un embargo comune avrebbe richiesto troppo tempo, mentre l'impegno dei singoli Stati ad adottare misure autonomi avrebbe il pregio dell'immediatezza. Si è pertanto preferito, dice il Ministro riassumendo la linea dominante del Consiglio per gli affari esteri dell'Ue, lasciare che ogni Stato valuti le opportune iniziative. Unanime dunque è la condanna a Erdogan e alla sua aggressione al popolo curdo, ma distinte le iniziative in risposta. Il rischio è che in questo modo ogni Stato adotti l'opzione che meno lede i suoi interessi finanziari, che per l'Italia significano 360 milioni di euro di armi vendute alla Turchia nel 2018.
Di Maio però, a margine del vertice di Lussemburgo coi colleghi Ministri degli esteri degli altri Paesi europei, annuncia da parte dell'Italia un decreto ministeriale a sua firma, teso a bloccare le future esportazioni di armi (non quelle già in essere, che proseguiranno), sostenendo che l'impegno dei singoli Stati abbia il pregio dell'immediatezza, rispetto all'embargo formale che avrebbe richiesto tempi più lunghi.
Di Maio inoltre ha fatto riferimento alla necessità di uno screening dell'impegno al blocco delle esportazioni di armi in Turchia da parte degli Stati europei e alla necessità di continuare a percorrere la via diplomatica.
Rifugiati siriani: lo strumento del ricatto di Erdogan all'Ue
Come sostiene il Direttore di Limes, Lucio Caracciolo, Erdogan tratta da una posizione di forza con l'Europa, grazie ai 3.5 milioni di rifugiati siriani attualmente in Turchia, che costituiscono uno strumento di ricatto verso l'Unione, tanto da poter richiedere altro denaro oltre a quello già corrisposto per bloccare i flussi migratori dalla Siria.
Oggi l'Europa si trova davanti a un bivio: mostrarsi acquiescente con chi viola le regole del diritto internazionale e assale il popolo curdo oppure reagire con decisione rischiando una nuova ondata di migrazioni provenienti dalla Turchia e capaci di modificare gli equilibri politici, sempre più dipendenti oggi dalla questione migratoria. Secondo Caracciolo, alle condanne di principio non saranno fatte seguire azioni concrete, malgrado le dichiarazioni del Presidente del Parlamento europea David Sassoli indichino la necessità di adottare sanzioni nei confronti della Turchia.