Il governo greco starebbe trattenendo diversi migranti in alcune prigioni segrete e non ufficiali, prima di espellerli e rispedirli in Turchia, violando di fatto il diritto europeo ed internazionale. A raccontarlo è il quotidiano americano The New York Times in un'inchiesta pubblicata martedì 10 marzo e poi ripresa anche da i maggiori organi di informazione italiani ed europei.

Situazione migranti drammatica in Grecia

Alcune persone intervistate dal quotidiano statunitense spiegano di essere state catturate, private dei loro beni, picchiate e poi espulse dalla Grecia, senza la possibilità di chiedere asilo o di parlare con un avvocato, il tutto in piena violazione del diritto europeo ed internazionale. Nel frattempo, il governo turco ha comunicato che almeno tre migranti sono stati uccisi nelle ultime due settimane alla frontiera, mentre cercavano di attraversarla, dalle forze dell'ordine greche.

La 'prigione' greca

Il NY Times è riuscito a localizzare la presunta prigione nella zona nord-orientale della Grecia, grazie a ricerche sul campo e all'analisi di immagini satellitari.

In aggiunta a ciò, François Crépeau, ex relatore speciale delle Nazioni Unite sui diritti umani ed ora professore di diritto internazionale alla McGill University (Canada), ha spiegato che questo luogo sarebbe paragonabile ad un 'black site' che, secondo il linguaggio militare, indicherebbe una località preposta a portare avanti un progetto segreto e non ufficiale, in violazione dello Stato di diritto.

Sempre nell'inchiesta del quotidiano americano, è presente un'intervista ad un ingegnere curdo-siriano che si chiama Somar al-Hussein, il quale è stato uno tra i primi migranti ad essere stato sollecitato dal governo di Ankara a raggiungere la frontiera con la Grecia. Dopo essere riuscito a mettere piede sul suolo greco, al-Hussein ha spiegato di essere stato rinchiuso, insieme al gruppo di cui faceva parte, in un luogo di detenzione.

Grazie al suo cellulare ha capito di trovarsi a poche centinaia di metri ad est della città di Poros, vicino al confine con la Turchia.

La prigione era costituita da tre capannoni con il tetto rosso disposti a forma di U, ha spiegato al-Hussein. C'erano molti migranti, sia dentro che fuori la struttura. Una volta all'interno ad al-Hussein è stato confiscato il telefono per essere successivamente stipato in una stanza con diverse altre persone. Le richieste di domanda di asilo e di contattare le Nazioni Unite non hanno ricevuto risposta. Dopo una notte senza cibo né acqua è stato riportato al confine e trasportato in territorio turco: è stato quindi respinto senza la possibilità di appellarsi alla domanda di asilo, come invece prevedono le leggi greche, europee ed internazionali.

Le dichiarazioni di al-Hussein sono stato riportate dal The New York Times in quanto ritenute più affidabili di molte altre. Stellos Petras, portavoce del governo greco, non ha voluto commentare l'esistenza della prigione per migranti ma, a tal proposito, Atene ha voluto difendere le proprie azioni a fronte delle provocazioni delle autorità turche che avrebbero portato i migranti al confine e gli avrebbero incoraggiati ad attraversarlo.

La Grecia teme una invasione di migranti

Il New York Times riporta, nella medesima inchiesta, che il governo greco teme di dover prendersi carico per anni dei migranti in arrivo se le frontiere dovessero venire aperte, senza il pieno supporto degli altri Paesi europei.

Decine di migliaia di profughi vivono già in Grecia in condizioni disperate e molti greci pensano di essere stati abbandonati a se stessi, costretti a portare sulle spalle un peso di cui si sentono poco responsabili. L'approccio di Atene, inoltre, sarebbe teso ad evitare il ripetersi della crisi migratoria del 2015, quando più di 850.000 persone senza documenti attraversarono il confine per poi dirigersi nel resto d'Europa, alimentando l'ascesa dell'estrema destra in Grecia.