La mostra Giorgio Morandi. 1890-1964, aperta al Complesso del Vittoriano, a Roma, sino al 21 giugno 2015, intende ripercorrere - dopo l'importante esposizione a lui dedicata nel '73 - l'intera vicenda biografica e artistica del maestro bolognese, attraverso 150 opere tra dipinti, disegni e incisioni. Una rassegna che rende omaggio a uno dei pittori più significativi e influenti del novecento artistico italiano. Considerato già grande in vita da Roberto Longhi, Morandi continua ad essere considerato ancora oggi un maestro impareggiabile.

Giorgio Morandi è un artista assoluto, ineguagliabile.

Apparentemente semplice e ripetitivo, egli è in realtà un pittore dai molteplici volti. Mai uguale, mai banale. Solo ossessionato. Per quasi tutta la sua attività pittorica, Morandi ha cercato infatti di parlare ossessivamente di sé, non già del suo carattere, delle sue abitudini; quanto piuttosto della sua più intima natura: quella di un uomo costantemente volto alla ricerca della propria interiorità. Un poeta, più che un romanziere; più vicino quindi alla verità delle cose. Morandi ha sempre cercato di contemplare silente la voce e il mistero dell'essere oltre l'apparenza del reale, oltre il semplice dato fenomenico. Un metafisico, dunque, nel duplice significato filosofico e artistico.

Pittore spirituale

Immobile, Morandi, come un imperturbabile stilita indifferente all'accadere degli eventi, per poter meglio sentire il respiro dell'esistenza e l'essenza della natura. E sarà Ardengo Soffici, in un saggio del '32, a intuire questa sensibilità, riferendosi alla produzione degli anni Dieci del pittore bolognese, scrivendo che "meglio che la rappresentazione delle cose e degli esseri, il pittore qui persegue ciò che di suggestivo, in un certo senso immateriale e musicale, promana dai loro aspetti; sì che dagli elementi della realtà visibile, più che una raffigurazione aneddotica sottoposta gli accidenti del momento e della posizione, risulta un insieme armonico di colori, forme, volumi, la cui sola legge sia l'unità e la bellezza degli accordi".

Sono, gli anni Dieci, quelli in cui evidente è la riflessione di Morandi sulla pittura di Cézanne e sul cubismo. Ma dal 1916 il pittore orienterà la sua ricerca verso una dimensione più intellettuale, più filosofica, dove gli oggetti della quotidianità, acquistano un novello significato, perché a mostrarsi non sarà più la mera presenza di qualcosa, ma la più intima essenza. Le bottiglie, le ciotole, le scatole di Morandi, nella loro metafisica presenza e nel loro accordo tonale, riflettono mirabilmente, adesso, la solitudine di un uomo ossessionato, come un vero poeta romantico, dal desiderio di cogliere, della natura e della propria anima inquieta, il senso più genuino.

Dopo la fase metafisica è il momento di Valori Plastici, in cui le cose, ridotte quasi a semplici forme geometriche, diventano architettura. Ma questa robustezza formale andrà sgretolandosi durante la Seconda Guerra Mondiale, quando la pittura di Morandi perderà vigore, tradendo il malessere non solo dell'artista, ma di una intera umanità, scossa dai drammatici eventi bellici. Riacquisterà tono, però, la materia pittorica, a partire dagli anni Cinquanta, con alcune nature morte che esprimono un ritrovato equilibrio esistenziale. In questa fase, tuttavia, la pittura pare vada sempre più alleggerendosi sino a perdere, negli anni Sessanta, gli ultimi di Morandi, quasi del tutto la sua consistenza diventando puro spirito. Pura essenza. Pura anima.