Nel cinquecentesco palazzo Sarcinelli di Conegliano Veneto, la bella città che ha dato i natali al delicatissimo Giovanni Cima, pittore tra i più grandi del Rinascimento italiano, è aperta dal 20 febbraio sino al 5 giugno 2016 l’importante mostra dedicata ai Vivarini, famiglia di grandi artisti muranesi che ebbe gloria e fortuna tra Padova e Venezia: I Vivarini. Lo splendore della pittura tra Gotico e Rinascimento, a cura di Giandomenico Romanelli.

La mostra

Dopo le mostre Un Cinquecento inquieto, da Cima da Conegliano al rogo di Riccardo Perucolo del 2014 e Carpaccio, Vittore e Benedetto da Venezia all'Istria del 2015, il Palazzo Sarcinelli apre ancora le sue porte per ospitare ora questa straordinaria rassegna di opere dei maestri muranesi, la prima in assoluto a loro dedicata, in cui è possibile ammirare anche capolavori oramai distaccati dalle loro sedi originarie.

Si passa allora dai grandi polittici, come quelli realizzati da Antonio Vivarini e il cognato Giovanni d’Alemagna – primissime prove di un linguaggio destinato a cambiare il corso della storia dell’Arte veneta – alle delicatissime e poeticissime tavole di devozione privata. Un lungo e meraviglioso percorso iconografico in cui è possibile cogliere l’evolversi di una sensibilità estetica che va dagli ultimi bagliori di un oramai appassito Gotico fiorito agli splendori della pittura del Rinascimento di un Giovanni Bellini, un Andrea Mantegna e un Antonello da Messina.

Le opere

E sarà proprio Giovanni Bellini, così come Antonello, ad influenzare maggiormente la pittura del più giovane e del più innovativo dei Vivarini, Alvise, presente in mostra con capolavori di estrema raffinatezza.

È il caso della bella Madonna col Bambino (1483) proveniente dalla piccola chiesa di Sant’Andrea di Barletta; tavola in cui evidente è il debito dell’autore nei confronti dei suoi maestri e dei suoi veri “padri”, ma allo stesso tempo opera che in cui affiora tutta la originalità di un pittore in grado di fondere la luminosità di Antonello e la delicatezza di Bellini in una composizione di cristallina nitidezza.

Regale la Madonna in trono, stagliata su un abbagliante fondo oro, e grazioso il Bambino che giace candidamente su un morbido cuscino verde sorretto dalle mani eleganti della madre.

È il caso inoltre del Cristo portacroce (1474) della Basilica dei santi Giovanni e Paolo di Venezia, in cui monumentale è la figura di Gesù in primo piano e lirico il paesaggio sullo sfondo, un paesaggio forse solo ideale, immaginato da Alvise, ma che ha tutta quella forza e robustezza da essere reale e non sognato.

Altro capolavoro presente nelle sale del palazzo Sarcinelli, questa volta di Bartolomeo e non di Alvise, è la Madonna in trono con Bambino e santi (1476), proveniente dalla Basilica di San Nicola di Bari, in cui il soggetto della Sacra Conversazione – introdotto proprio da Bartolomeo – è inserito in uno spazio delimitato da alte mura merlate, al di là delle quali è facile intuire un giardino rigoglioso, simbolo della verginità di Maria. In questa bella tavola barese, la compostezza delle figure, che sembrano fatte non già di carne ma di vetro policromo, ben si concilia con il rigoroso utilizzo della luce. E tutta la composizione, così ben equilibrata, inserisce Bartolomeo nel vivo dell’estetica rinascimentale.

La mostra di Conegliano non soltanto ripercorre il complesso itinerario figurativo dei Vivarini, ma offre al tempo stesso l’occasione per guardare l’altra faccia della pittura veneta, quella poco conosciuta però non meno importante di quella che trova ampio spazio nei più canonici manuali di storia dell’arte.