In Europa l'ictus risente di tutta una serie di fattori negativi che di fatto limitano le cure per questa evenienza patologica con il risultato che poco meno della metà dei pazienti non viene adeguatamente trattato. Si tratta adesso di capire cosa avviene in Italia.
La situazione in Italia
L’Italia è fra i Paesi europei che al pari di altri fronteggiano bene le emergenze e gli effetti cronici della condizione clinica.
Nella nostra nazione tuttavia esistono delle criticità che afferiscono proprio allo studio europeo condotto dal CNR. Uno degli aspetti negativi nell’approccio di quello che si definisce anche come un grave accidente cerebrovascolare riguarda la difficoltà nell'ottenimento di incentivi economici nei confronti di quei Centri specializzati e quelle eccellenze che si occupano di intervenire e di studiare l’approccio alla condizione clinica e alla prevenzione in particolare. Ma non manca anche una certa inefficienza nella collaborazione multidisciplinare, atteso che l’ictus non lo si fronteggia solo con una specialità clinica, semmai con un’equipe di specialisti giunti al capezzale del malato proprio in forza di quel corollario di malattie, spesso diverse l’una dall’altra, che intervengono sulla grave condizione patologica.
In Italia la cronica carenza di organico
In Italia, a dispetto di veri e propri reparti d’eccellenza nel trattamento sia nell’immediato che nel lungo termine di questa condizione, esistono anche dei reparti che soffrono la carenza di organico da parte di medici e paramedici specializzati, ma anche di strumenti diagnostici adeguati e all’avanguardia compresa una carenza degli audit nazionali e l’adozione di indicatori di performance che finiscono per delineare nel nostro Paese una situazione a macchia di leopardo nella cura, nel trattamento e nella prevenzione dell’ictus, per non parlare di quei trattamenti a lungo termine nella fase cronica della malattia in generale.
Nord, Centro e Sud, tre realtà sempre diverse
Secondo i ricercatori del CNR.
“Risultati migliori si registrano a livello regionale, dove l’Italia raggiunge punteggi medio-alti in 8 degli 11 indicatori analizzati, pari a quelli della Svezia e analoghi a quelli inglesi (9 su 11): tuttavia, si sottolinea il diverso livello di implementazione tra regioni del Nord, del Centro e del Sud. In queste ultime si evidenzia l’insufficienza di atti normativi, materiali e campagne informative, audit e protocolli tra fase acuta, medicina generale e servizi riabilitativi”.
E come spesso capita nei confronti di altre gravi malattie, anche per l’ictus vale il dato secondo il quale tra gli ostacoli alle cure ritroviamo fattori organizzativi, carenza di risorse, burocrazia, mancanza di conoscenza della malattia, resistenza ai cambiamenti.
Interessante quanto mai l’evidenza di come mai valga per l’ictus quanto si assiste anche per altre malattie. Il trasferimento dei riscontri della ricerca scientifica anche nella pratica è sempre un baluardo capace di risolvere non poche problematiche ed è questo l’obiettivo che in Europa ed in Italia ci si pone al fine di potenziare le stroke unit anche da noi, già previste dal decreto n. 70 del 2 aprile scorso.
Se riusciamo ad esportare nella pratica clinica quanto esistente in ambito alla ricerca medico scientifica, possiamo sperare di prestare ai pazienti una migliore assistenza in Europa, pur non nascondendo quelle difficoltà che afferiscono alla restrizione di risorse economiche come quelle concernenti le stroke unit in Italia riportate nel decreto n.70 del 2 aprile 2015”.