I ricercatori dell'Università della Pennsylvania hanno individuato una molecola dalle notevoli capacità antinfiammatorie, in grado di bloccare la perdita di cellule del nervo ottico nella sclerosi multipla. Gli esperimenti che hanno condotto a questo promettente risultato, pubblicato su "Scientific Reports" del gruppo "Nature", sono stati condotti sui topi dalla squadra di Kenneth Shindler, professore di oftalmologia e neurologia.
La sclerosi multipla e il nervo ottico
La sclerosi multipla è una malattia neurodegenerativa che colpisce la mielina, ovvero il materiale isolante che riveste gli assoni, conferisce il colore bianco ai nervi e permette agli impulsi nervosi di viaggiare più velocemente. Sebbene si calcoli che più di due milioni di persone ne siano affette in tutto il mondo, le cause della sclerosi multipla rimangono ancora sconosciute. L'ipotesi più accreditata prevede che, nelle persone geneticamente predisposte, alcuni fattori ambientali, per esempio di natura infettiva, provochino una reazione abnorme e incontrollata del sistema immunitario che si rivolge verso la mielina, degradandola.
Si sa di certo che l'infiammazione del tessuto nervoso è presente in tutti gli stadi della malattia, particolarmente nelle fasi acute piuttosto che croniche. Infatti le uniche terapie disponibili, al momento, si basano su farmaci e molecole immunomodulatori, che riducono l'infiammazione del tessuto nervoso, ma non sono in grado di prevenire la perdita di mielina e assoni, e il progredire dei deficit neurologici.
L'infiammazione che accompagna la sclerosi multipla è particolarmente intensa a livello del nervo ottico, che contiene un milione di assoni mielinizzati che originano dai neuroni della retina. La neurite ottica - così si chiama l'infiammazione del nervo ottico - dovuta alla sclerosi multipla, provoca una perdita parziale ma irreversibile della vista nel 60% dei pazienti.
Il nuovo trattamento previene la degenerazione del nervo ottico
"La nostra strategia per bloccare e prevenire la neurite ottica nella sclerosi multipla - spiega Kenneth Shindler per introdurre lo studio da lui guidato - è ispirata ad alcuni processi antinfiammatori e neurotrofici presenti nel corpo umano. Ad esempio, le cellule epiteliali del sacco amniotico producono una miscela di sostanze che riparano i danni cerebrali causati nel feto da fenomeni di infiammazione che avvengono all'interno dell'utero".
I ricercatori americani hanno concentrato in un'unica miscela, chiamata ST266, le sostanze antinfiammatorie e neurotrofiche prodotte dalle cellule del sacco amniotico. Successivamente hanno somministrato, tramite delle gocce nasali, la ST266 a un gruppo di topi affetti da sclerosi multipla.
"Le gocce di ST266 non solo hanno prevenuto il danneggiamento degli assoni del nervo ottico - sottolinea il professor Kenneth Shindler - ma hanno anche salvato dalla degenerazione i neuroni della retina producendo un miglioramento della vista".
Questi risultati, che dovranno essere verificati sull'essere umano, sono di particolare importanza perché le terapie antinfiammatorie a base di steroidi attualmente disponibili non riescono a bloccare la degenerazione delle cellule della retina, degli assoni del nervo ottico e la perdita della vista. "Ma i nostri risultati potrebbero avere implicazioni che vanno al di là della sclerosi multipla - conclude il responsabile della ricerca, Shindler - abbiamo verificato l'effetto protettivo della ST266 anche su neuroni in coltura e, dunque, la sua somministrazione potrebbe estendersi anche ad altre malattie neurodegenerative".