I neuroscienziati del prestigioso Allen Institute for Brain Science di Seattle, negli USA, e della University of Szeged in Ungheria hanno fotografato e caratterizzato una classe di neuroni presenti nella corteccia cerebrale dell'essere umano e assente in quella dei topi o dei ratti, ovvero negli animali comunemente usati come cavie di laboratorio. Li hanno chiamati neuroni rosehip che è il nome inglese per il frutto della rosa canina, a causa della forma particolare dei loro terminali sinaptici. La scoperta è di tale importanza da aver meritato la pubblicazione su Nature Neuroscience, la rivista scientifica a più alto impatto per la ricerca nelle neuroscienze.

I neuroni della corteccia cerebrale

La corteccia cerebrale è il sottile velo di neuroni che ricopre il cervello. Il suo spessore varia da soli 2 fino a 6 millimetri, eppure la corteccia cerebrale contiene miliardi di neuroni organizzati su sei strati e fittamente connessi tra di loro e con altre strutture del cervello per dare vita a fenomeni e funzioni quali i ricordi, le percezioni sensoriali, l'attenzione, il linguaggio, le emozioni e la coscienza di noi e del mondo attorno a noi.

I neuroni della corteccia cerebrale non sono tutti uguali, anzi se ne possono riconoscere numerosi tipi. La classificazione più ampia porta alla distinzione tra neuroni eccitatori, che trasmettono informazioni a breve e lunga distanza tramite il rilascio di neurotrasmettitori eccitatori, e neuroni inibitori, che riducono l'attività elettrica delle reti di neuroni corticali tramite il rilascio neurotrasmettitori inibitori.

I neurotrasmettitori vengono rilasciati in entrambi i casi a livello dei terminali sinaptici degli assoni, cioè gli elementi di output dei neuroni.

I neuroni rosehip e la ricerca della natura umana

"Già il grande neuroanatomista spagnolo Santiago Ramon y Cajal" afferma Eszter Boldog della University of Szeged e coautrice dello studio "si era interrogato su cosa rendesse speciali i neuroni della corteccia cerebrale umana tanto da renderli capaci di funzioni cognitive assenti negli altri animali".

Da allora le ricerche sono andate avanti, ma al di là di sottili differenze nelle proprietà elettriche dei neuroni corticali umani, scoperte di recente dal neuroscienziato israeliano Idan Segev, nulla di eclatante è stato osservato. Sembra che il cervello umano sia diverso per dimensioni rispetto al corpo e come sistema, in particolare per la capacità di sviluppare connessioni interne tra centri nervosi altamente specializzati per svolgere funzioni diverse.

Eppure le sorprese non mancano. Infatti, i ricercatori ungheresi e americani hanno descritto in termini anatomici, genetici e neurofisiologici una classe di neuroni inibitori che hanno chiamato rosehip, per la forma proprio del terminale sinaptico che ricorda la sagoma falso frutto della rosa canina. Questo terminale rilascia un neurotrasmettitore inibitorio chiamato GABA, ma è capace di inibire le reti di neuroni eccitatorie in modo unico grazie alle speciali proprietà dei segnali elettrici che genera.

"Non stiamo dicendo che i neuroni rosehip si trovino soltanto nel cervello umano" spiega ancora Trygve Bakken, Senior Scientist all'Allen Institute "ma sicuramente non sono presenti nel cervello del topo o del ratto".

Dunque, il cervello umano non sarebbe semplicemente un cervello di topo molto più grande e interconnesso in maniera speciale, ma sarebbe stato dotato anche di neuroni diversi dall'evoluzione.

"Oltre ad aver posto un altro tassello per comprendere cosa del nostro cervello ci renda davvero umani" conclude Trygve Bakken "il nostro studio evidenzia un problema nella traduzione dei risultati degli studi su malattie tipicamente umane, come l'Alzheimer o la schizofrenia, condotti nei topi".