Molti pazienti affetti da carcinoma uroteliale, in uno stadio avanzato e metastatizzato, refrattario al trattamento chemioterapico con cisplatino, ora avranno una nuova opzione terapeutica. Si tratta di atezolizumab, un anticorpo già approvato lo scorso anno per il carcinoma polmonare non a piccole cellule (NSCLC) e nei tumori che presentano una mutazione dei geni EGFR o ALK.
L’approvazione della FDA è arrivata dopo i risultati di uno studio di fase II (IMvigor210) su 119 pazienti, trattati con atezolizumab, somministrato endovena ogni tre settimane.
Il carcinoma uroteliale avanzato e metastatico
Questo è uno dei casi in cui, ancora adesso, chi ne è colpito ha una prognosi sfavorevole. Purtroppo il carcinoma uroteliale metastatico non è molto raro anzi come incidenza si colloca, a livello mondiale, al nono posto tra i tumori più frequenti. Ogni anno si registrano circa 430mila nuovi casi, responsabili di circa 145mila decessi l’anno. Sono maggiormente colpiti gli uomini (tre volte superiore rispetto alle donne), ed è prevalente nei Paesi più sviluppati.
Inoltre non ci sono farmaci sufficientemente efficaci per il suo controllo.
Il carcinoma uroteliale può colpire l’uretra, gli ureteri e la pelvi renale ma la forma più comune è il carcinoma alla vescica. Un carcinoma che, nel 50% dei casi, non risponde alla terapia con cisplatino. La vescica è l'organo che raccoglie l'urina che viene filtrata dai reni, prima di essere eliminata dal corpo. Il carcinoma si forma quando le cellule che ne rivestono la superficie interna subiscono una trasformazione in senso maligno.
I sintomi che si avvertono, in presenza di un carcinoma alla vescica, sono comuni anche ad altre malattie che colpiscono l'apparato urinario: presenza di sangue nelle urine (ematuria), bruciore alla vescica quando si comprime l'addome, difficoltà e dolore ad urinare.
Sintomi sempre più evidenti con l’avanzamento della malattia.
L’ok della Fda per atezolizumab
Questa approvazione è arrivata dopo aver esaminato i risultati dello studio clinico di fase II (IMvigor210), con pazienti affetti da carcinoma uroteliale, in uno stadio avanzato o metastatizzato, indipendentemente dall’espressione di PD-L1. Lo studio ha visto coinvolti 119 pazienti, a cui è stato somministrato endovena il farmaco (1,2 gr) ogni tre settimane.
Si tratta di anticorpo monoclonale anti-PD-L1, l’atezolizumab (Tecentriq), approvato dall’FDA a fine ottobre 2016, per il trattamento delle forme più gravi di NSCLC. In quell’occasione ne avevo descritto il profilo biologico.
PD-1 (proteina della morte programmata 1), che impedisce al sistema immunitario di andare fuori controllo, e PD-L1, un ligando che si lega e regola PD-1, sono le due proteine che partecipano alla regolazione del nostro sistema immunitario e sono espresse sulle cellule tumorali e sulla superficie delle cellule T.
Se questo vengono “silenziate”, il sistema immunitario non riesce più a contrastare la formazione di nuove cellule tumorali e quindi si va incontro all’insorgenza di un tumore. Gli anticorpi anti-PD-L1 come atezolizumab, bloccando questa proteina riattivano la capacità di PD-1 di rilevare in modo efficace le cellule tumorali e di distruggerle.
Per questo negli ultimi mesi sono stati approvati diversi farmaci biologici (anticorpi) che vanno a bloccare il sistema PD-1/PD-L1 come Nivolumab (Opdivo), sviluppato dalla Bristol-Myers Squibb, il pembrolizumab (Keytruda), sviluppato dalla Merck, l’avelumab (Bavencio), sviluppato dalla Pfizer, tutti per il trattamento del mesotelioma. Oltre al già citato atezolizumab (Tecentriq) della Genentech, per il trattamento delle forme più gravi di NSCLC.