Si sta sempre più diffondendo un uso patologico del cellulare che sia touch o meno. Si chiama nomofobia (l’abbreviazione di no mobile), ovvero la paura di non essere raggiungibili con il cellulare e di non essere in connessione con il mondo. Per lo più sono giovani tra i 18 e i 25 con problemi di autostima ad esserne colpiti. Ma questo fenomeno patologico è presente anche in altre fasce di età.

Per chi soffre di nomofobia, accade che nel momento in cui si sta per esaurire la batteria del cellulare o che non ci sia rete si provi senso di panico, di estraniamento, sudorazione, vertigini e battito cardiaco accelerato. Per un certo lasso di tempo, il ‘nomofobo’ sente di essere tagliato fuori dalla realtà circostante. Anche perché ormai lo smartphone racchiude in sé le più disparate applicazioni, social e servizi personalizzati, che costituiscono quasi un’estensione e completamento virtuale di se stessi. In alcuni casi, tra i ragazzi si sta manifestando un altro tipo di patologia, ovvero il 'fomo', acronimo per 'fear of missing out': in questo caso chi ne è colpito, prova paura di essere isolato dalle conversazioni con gli amici e porta a letto con sé il cellulare per chattare fino a tarda notte.

Ciò comporta problemi di sonno accumulato, di concentrazione e di sbalzi di umore.

A questo proposito, una ricerca effettuata dall’Università Federale di Rio de Janeiro dimostra che, nonostante i sintomi siano simili a quelli dell’ansia, la nomofobia è valutata come una dipendenza patologica piuttosto che un disturbo d’ansia. Infatti, come chiarisce lo psichiatra Daniele La Barbera, presidente della Società Italiana di Psicotecnologie e clinica dei nuovi media (SIPTech): “Il telefono dà l’illusione di essere sempre accanto agli amici. Negli adolescenti il suono dell’arrivo di un messaggio su WhatsApp si associa a un incremento cerebrale della dopamina, il ‘messaggero’ della gratificazione e del piacere”.

Per i giovani occorre intervenire con una rieducazione preventiva. Insegnando loro a spegnere il cellulare per qualche ora, o a tenerlo lontano il più possibile o a lasciarlo volutamente a casa se si esce, almeno nel tempo libero. E’ auspicabile l’apprendimento di nuovi comportamenti al fine di diminuire l’ansia di attesa e di dipendenza dal cellulare, un mezzo, che molte volte ci sta chiudendo in noi stessi piuttosto che aiutarci a comunicare con il prossimo.