Ha suscitato un certo clamore la notizia della denuncia da parte delle forze dell'ordine di una ragazza 19enne marchigiana che gestiva un blog mediante il quale istigava all'anoressia e dispensava consigli ad altre ragazze che intendono diventare anoressiche. Sulle pagine del sito veniva consigliato di non eccedere le 500 calorie giornaliere e di indurre il vomito per "rimediare" in caso di eccesso.

L'inchiesta è partita grazie alla denuncia di una madre la cui figlia stava perdendo peso molto rapidamente, grazie ai "suggerimenti" del blog in questione. Ma di blog come quello gestito dalla ragazza denunciata è piena la rete. È sufficiente una rapida ricerca su Google con chiavi di ricerca quali "pro ana" (pro anoressia) e "pro mia" (pro bulimia) per vedere saltare fuori diversi blog, i quali spesso rimandano a forum o gruppi WhatsApp dove le partecipanti si scambiano consigli e si fanno "forza" tra di loro per affrontare la fame senza cadere nella "tentazione" di mangiare. Già nel 2015 questo genere di blog erano finiti sotto i riflettori, alcune inchieste giornalistiche avevano evidenziato come fossero in aumento, e la politica aveva ipotizzato di fare una legge per farli chiudere, ma alla fine non ci sono stati interventi in questa direzione.

Ed i blog pro anoressia sono ancora li.

Impegnarsi per ammalarsi

I blog in questione promuovono l'idea che più una persona sia magra, più sia bella. Espongono foto di corpi magrissimi, evidentemente malati di anoressia, e invitano a seguire il loro esempio, promuovendo l'anoressia non come una malattia, ma come un ambizioso traguardo, un obiettivo da raggiungere. Sono generalmente frequentati da un pubblico femminile, ma c'è anche una minoranza di maschi che ambisce a diventare anoressico. E per fare breccia sulle giovani menti degli aspiranti "pro ana" vengono usati decaloghi e la malattia viene 'umanizzata' e presentata come se fosse un'amica che dispensa consigli per raggiungere la felicità.

Tecniche psicologiche che indubbiamente possono fare breccia su giovani menti, specie se alle prese con quei malesseri adolescenziali che sono più comuni di quanto pensiamo.

La "lettera" di Ana

Numerosi blog "pro ana" propongono una "lettera", che si trova anche in siti dello stesso genere in inglese e spagnolo. In questa lettera la malattia viene presentata come un'amica fidata che aiuterà l'aspirante anoressica a raggiungere l'agognato traguardo di ammalarsi. "Il mio nome, o quello che mi hanno dato i cosiddetti "dottori" è Anoressia, "Anoressia Nervosa" per esteso, ma tu puoi chiamarmi Ana. Possiamo diventare auspicabilmente grandi socie". Inizia così la lettera, che prosegue cercando di instillare nella testa delle aspiranti malate che il loro corpo non è perfetto, poiché non durano abbastanza alla fatica, cercando di "motivarle" a digiunare.

La lettera si caratterizza dalla ricerca di sviluppare empatia con il lettore, cercando di isolare la persona: "i tuoi amici non ti capiscono. Non sono imparziali, e in passato quando l'insicurezza ha rosicchiato la tua mente e hai chiesto loro se gli sembri grassa ti hanno risposto di no, ma sai benissimo che stavano mentendo. Solo io ti dico la verità".

La lettera prosegue cercando di fare leva sui complessi e le insicurezze del soggetto, e instillare la paura di aver deluso i genitori. "Sei diventata una ragazza grassa e immeritevole, ma ora ci sono io per cambiare tutto questo". E propone la "ricetta" per ritrovare la felicità e la soddisfazione: una dieta a base di 400 calorie al giorno.

Il testo insiste sulla necessità di non dare ascolto a nessuno, solo ad "Ana" e ai consigli per diventare anoressici. Non è necessario essere psicologi per capire come il testo sia scritto da mani esperte, capaci di fare breccia sulla mente di una adolescente in crisi esistenziale. Un po' come il "blue whale" e altre pratiche autolesioniste che si trovano in rete.