In Italia si consumano troppi antibiotici e, in alcuni casi, anche senza alcuna giustificazione medica reale. Questa situazione, unita alla crescita demografica mondiale (in particolare nei Paesi in via di sviluppo del continente africano) e alla crescita economica che incide sui collegamenti internazionali riducendo le distanze tra persone con costumi, abitudini e stili di vita completamente differenti, avrebbe avuto una conseguenza imprevista anche se, forse, non proprio cosi imprevedibile.

Ci riferiamo alle infezioni resistenti agli antibiotici.

Secondo uno studio condotto dall'Ecdc (Centro europeo per il controllo delle malattie), la proporzione delle infezioni farmacoresistenti è passata in 10 anni dal 17% del 2005 al 30% nel 2015 e, stando a quanto riportato da "Il Sole 24 Ore", potrebbe raggiungere il 32% nel 2030.

Un problema europeo

Ovviamente la farmacoresistenza agli antibiotici (i medicinali oggi maggiormente utilizzati dalla medicina moderna contro le infezioni batteriche) non è un problema nuovo. Il fenomeno è noto a medici e scienziati da almeno 20 anni. Ma, come dimostrano le statistiche dell'Ecdc, nell'ultimo decennio sta assumendo proporzioni preoccupanti.

In base agli ultimi dati disponibili, infatti, solo in Europa sarebbero almeno 33.000 ogni anno i decessi causati da batteri resistenti agli antibiotici. Queste cifre risultano particolarmente preoccupanti per l'Italia, che attualmente sarebbe il Paese più colpito del Vecchio Continente, con un terzo delle vittime accertate lungo il territorio nazionale.

Per rendere maggiormente l'idea della portata di questo fenomeno, basti pensare che si tratta dello stesso numero di morti causati ogni anno da HIV, tubercolosi e influenza messi insieme. I risultati della ricerca dell'Ecdc sono stati di recente pubblicati sulla rivista specializzata "Lancet Infectious Diseases".

Lo studio condotto dall'Ecdc

La ricerca del Centro europeo per il controllo delle malattie ha preso in considerazione i dati relativi al 2015 per cinque diverse infezioni resistenti.

Da qui è emerso che, nel 75% dei casi, le infezioni sarebbero causate da cure mediche, mentre una percentuale del 39% sarebbe legata a batteri che hanno sviluppato una farmacoresistenza anche verso l'ultima generazione di medicinali come i carpabenemi, i quali sono in grado di contrastare efficacemente diversi batteri Gram-positivi e Gram-negativi sia di tipo aerobico che anaerobico.

Nonostante ciò, alcuni di essi sarebbero riusciti a sviluppare una antibiotico-resistenza. Tra questi ci sono, ad esempio, gli enterobatteri come la "Klebsiella pneumoniae" oppure la "Pseudomonas aeruginosa".

Le prospettive future

Se l'attuale trend di crescita della farmacoresistenza agli antibiotici continuerà ai ritmi attuali, secondo i dati riportati dall'ultimo rapporto Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) nel 2050 saranno almeno 450.000 i decessi dovuti ai cosiddetti super batteri, con un costo stimato a livello mondiale di circa 13 miliardi di dollari.

Eppure, secondo l'organizzazione internazionale, avviare delle efficaci misure preventive contro questa potenziale piaga avrebbe dei costi veramente contenuti.

Infatti basterebbe investire circa 2 dollari a persona all'anno e adottare delle semplici misure preventive precauzionali, tra le quali ci sarebbero un lavaggio accurato e quotidiano delle mani e una prescrizione più prudente dei medicinali, in particolare degli antibiotici.