Le due stelle Curry e Thompson, fanno 8/27 dal campo per 20 punti totali e Golden State si aggiudica gara 1 delle Finals di Nba su Cleveland per 104 a 89. È il risultato di una partita dominata tatticamente da Steve Kerr e dal suo staff tecnico, che ha beneficiato di una prolifica produzione dei “gregari”: le statistiche consegnano alla storia ben tre career-high nei playoff dei panchinari di Golden State: quello di Bogut (partito in quintetto, 10 p.

in 15'), Barbosa (perfetto dal campo 11 p., 5/5), Livingston (20 p., 8/10). Quest'ultimo non ha solo dominato tutti i mismatch che la difesa di Cleveland gli ha offerto (Livingston è comunque un esperto, grazie ai i suoi 201 cm, e giocando da playmaker), ma anche ridato all'attacco di Golden State quel ritmo che ne costituisce la quintessenza. Da segnalare anche l'ottima prestazione offensiva di Harrison Barnes, che era stato apatico nella serie di finali di Conference contro Oklahoma.

Le chiavi difensive

Kerr ha fornito risposte difensive sempre diverse a ciascuno dei temi offensivi di Cleveland, non tutte coronate dal successo.

Nel primo quarto, ad esempio, gli isolamenti in post di James contro Barnes hanno esaltato la potenza fisica del primo; nel terzo quarto Irving ha riportato Cleveland addirittura in vantaggio, con i suoi uno-contro-uno dal palleggio, dominando la sfida con Livingston e Barbosa; Love (17p., 7/17), nei primi tre quarti quarti ha beneficiato di ottimi scarichi, assommando un bottino offensivo di tutto rispetto.

Ma alla lunga i Warriors sono riusciti a togliere tutte le opzioni a Cleveland, che nel quarto periodo non è riuscita a far canestro. Sugli isolamenti in post di James si sono alternate tre difese diverse: raddoppi, uno contro uno, adeguamenti. La difesa, quando è riuscita a forzare un passaggio fuori, ha quasi scelto dei recuperi velocissimi per ostacolare il tiro da 3 punti, esponendosi al rischio di penetrazioni, che però non sono arrivate.

Nel secondo tempo, James ha allora optato per isolamenti da fuori l'area di tiro da 3 punti, ma in questo caso i Warriors lo hanno disinnescato, mettendogli contro Thompson, autore di una grandissima prestazione difensiva.

Quando poi LeBron è tornato ad attaccare dentro l'area, Iguodala, altro grande leader della sua metà campo, è tornato a lavorare su di lui, soffiandogli un paio di palloni e costringendolo a soluzioni forzate. Irving è stato limitato da Thompson o forzato verso l'area, dove sono arrivati aiuti veloci dai sempre mobili giocatori d'area di Golden State (eccetto nel terzo quarto, con in campo Ezeli da numero 5). I Warriors sono riusciti ad esaltare difensivamente perfino il “piccolo” Steph, sfruttando la sua velocità per i close-out e gli aiuti sul perimetro.

Le chiavi offensive

Il primo quintetto dei Warriors ha molto faticato in attacco. Steph, apatico o arrogante, ha perso diversi palloni (5 in tutto), per la solita superficialità che sempre più spesso ne inficia le prestazioni. Limitato da una buona difesa lontano dalla palla, anche con la sfera in mano Curry ha insolitamente ritardato l'ingresso negli schemi offensivi – piccolo grande segreto della macchina Warriors. Il pace (ritmo) amato da Kerr, così, si è visto quando era Livingston a dettare i ritmi, tanto che l'ex Atlanta è stato rimesso in campo nei minuti decisivi del quarto periodo per portare la palla.

Discreta la partita di Draymond Green a rimbalzo, capace di infilare due delle sei triple che Cleveland gli ha lasciato sull'uscita dai pick-and-roll, e che realisticamente continuerà a lasciargli.

Non sono mancati gli acuti di Iguodala, forse l'Mvp della partita sui due lati del campo, che ha collezionato 12 punti, prendendo sostanzialmente quello che la difesa gli ha concesso, senza forzare nulla. Non sono entrati i tiri di Thompson: succede. La guardia californiana è solida, gioca sempre la stessa partita, senza lasciarsi condizionare dagli errori. Fossimo in Lue, non scommetteremmo che continuerà tutto così.