L'errore materiale presente in un rigo della dichiarazione dei redditi non può essere ritenuto emendabile in quanto, nel caso della dichiarazione dei redditi presentata dal contribuente, ci si trova dinanzi non ad una mera dichiarazione di scienza ma ad una dichiarazione di carattere squisitamente negoziale. Di conseguenza, il generale principio di emendabilità non può operare in questo caso.

Queste, in estrema sintesi, le conclusioni della Sentenza n° 26677/ 2019 della Sesta Sezione Civile Tributaria della Corte di Cassazione depositata in Cancelleria il 21 ottobre 2019.

I fatti che hanno portato al giudizio della Corte

il Giudice di legittimità si è trovato a giudicare il ricorso presentato dall'Agenzia delle Entrate contro la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Puglia che aveva accolto le doglianze di una Srl che aveva fatto ricorso contro alcune cartelle di pagamento emesse dall'amministrazione finanziaria per Ires non pagata nel 2006 a seguito della presenza di un errore materiale nel rigo RF16 del Modello RF Unico 2007.

Secondo l'interpretazione della Commissione Tributaria Regionale della Puglia, infatti, l'Agenzia delle Entrate a seguito dei controlli automatizzati disciplinati dall'articolo 36 bis del DPR 600/1973 avrebbe potuto facilmente rilevare l'errore materiale presente nella dichiarazione dei redditi della società di capitali, anche perché lo stesso rigo RF16 era compilato solo in parte. Inoltre, l'importo in esso contenuto non viene conteggiato tra le variazioni in aumento di cui al successivo rigo RF36. E, inoltre, tale importo non rientrava neanche nei "maggiori corrispettivi" per l'adeguamento agli studi di settore del 2006 di cui al rigo VA42. Di conseguenza, la CTR applicava alla fattispecie il principio generale dell'emendabilità dell'errore accogliendo il ricorso della società contribuente.

Contro tale decisione l'Agenzia delle Entrate proponeva ricorso per Cassazione.

La pronuncia della Cassazione

La Suprema Corte di Cassazione ha ribaltato il giudizio della Commissione Tributaria Regionale della Puglia confermando l'interpretazione dell'Agenzia delle Entrate. Il giudice di legittimità ha, in via preliminare, richiamato il disposto dell'articolo 2 del DPR 322/1998, in base al quale la dichiarazione dei redditi viene considerata una dichiarazione di volontà negoziale da parte del contribuente interessato. Di conseguenza, specifica la Corte, il suo consolidato orientamento giurisprudenziale è che il principio generale di emendabilità della dichiarazione è applicabile alle mere dichiarazioni di scienza e non ad una dichiarazione di carattere specificamente negoziale come la dichiarazione dei redditi, a meno che il contribuente interessato dimostri l'essenziale ed obiettiva riconoscibilità dell'errore sulla base del disposto degli articoli 1427 e seguenti del Codice Civile.

La Corte ribadisce inoltre che il carattere negoziale della manifestazione di volontà presente nella dichiarazione dei redditi è pacifico e desumibile dal fatto che questa incide sulla determinazione della base imponibile e sull'entità del tributo da versare. Di conseguenza, qualunque tipo di correzione deve avvenire entro i termini indicati nell'articolo 2 del DPR 322/1998. Ma certamente non è possibile effettuare questa correzione in sede di processo tributario. Per tali motivi la Corte ha accolto il ricorso dell'Agenzia delle Entrate.