Mario Giansone è un nome ormai dimenticato, eppure le sculture di questo artista - scomparso nel 1997 - impreziosiscono le case degli Agnelli, dei Pininfarina, dei Botto e dei Mandelli, suo è il crocefisso bronzeo appeso nella stanza di Papa Francesco e sono moltissimi i torinesi che, ogni giorno, passeggiano ignari davanti alle opere con cui l’artista ha ornato la propria città natale.
Non solo: all'oblio a cui è stato condannato quello che fu uno dei più eclettici artisti piemontesi del '900, si è aggiunta infatti in questi giorni la beffa della notifica di sfratto per il deposito che raccoglie le sue opere a Torino.
Un artista fuori dalle logiche di mercato
Nato nel 1915 e morto nel 1997, Giansone fu, per tutta la durata della propria carriera artistica, un personaggio fuori dagli schemi. Artista poliedrico, scultore, pittore, disegnatore e per alcuni anni anche docente all’Accademia Libera di Belle Arti, Giansone ha sempre concepito il proprio ruolo come qualcosa di lontano dall’economia e dal denaro: ha creato Arte senza legarsi ai mercanti, discutendo con i critici e inimicandosi persino quelli che, come Giuseppe Marchiori, ne avevano sostenuto la carriera.
L’episodio culminante risale al 1965, anno dell’ultima mostra tenutasi con l’artista ancora in vita e ospitata dalla Galleria La Bussola di via Po ed alla quale Marchiori era riuscito a portare addirittura Peggy Guggheneim, la più importante collezionista d’arte di quegli anni.
Tutto perfetto, se visto dall’esterno, ma al catalogo della mostra Giansone aveva aggiunto uno scritto autografo, accusando Marchiori di non aver compreso il suo lavoro e alienandosi così, com’è facile immaginare, le simpatie del critico. È proprio questo suo atteggiamento, in coincidenza con l’esplosione dell’Arte Povera, a segnare da quegli anni il suo allontanamento dal centro del panorama artistico, relegandolo a posizioni marginali.
L’eredità di Giansone
Alle tante opere dell’artista visibili in vari punti del capoluogo piemontese (basti pensare al “Concerto jazz” in diorite posto nel palazzo Rai di Torino e realizzato proprio nell’anno della morte di Giansone) si affiancano le circa 250 custodite nel vecchio laboratorio dell’artista, in via Messina, che sono state qui raccolte e restaurate dall’Associazione Archivio Storico Mario Giansone.
È stata proprio l’associazione, nel 2015, a donare a Papa Francesco il crocifisso bronzeo che il pontefice ha apprezzato al punto di appenderlo nella propria stanza, ed a operare per far conoscere ai suoi concittadini questo artista dimenticato attraverso mostre e visite al laboratorio, con eventi che hanno radunato quasi 50 mila torinesi.
Eppure in città ancora non è stato pensato un museo che raccolga le opere di Giansone.
Non solo: il laboratorio è sotto sfratto e dovrà presto essere sgomberato, per cui l’Associazione ha deciso di rivolgersi al mercato per realizzare il grande sogno di un museo privato, destinato ad accogliere non solo le sculture dell'artista torinese, ma anche quelle di molti altri artisti italiani. Si tratterebbe, secondo le parole del professor Giuseppe Floridia, presidente dell’Associazione, di un unicum a livello europeo, destinato a raccontare le più diverse declinazioni dell’antichissima tecnica scultorea, coprendo pietra, marmo, metallo e terracotta.