A metà ottobre, fra sorrisi sardonici e battute, Roberto Benigni in conferenza stampa aveva presentato il nuovo spettacolo in due puntate I dieci comandamenti che sarà trasmesso in prima serata su Rai1 nei giorni 15 e 16 dicembre. A pochi giorni dall'intervista nella quale Roberto Benigni è parso molto diverso da come ci ha abituati a conoscerlo - meno sarcastico, per così dire più tranquillo - già scoppiano le polemiche, innescate da un post diffuso su Facebook da parte di Roberto Fico.
Fico, deputato dal 2013 e militante nel movimento 5 stelle è anche il presidente della Commissione parlamentare di Vigilanza Rai - controllata dal parlamento - in cui senatori e deputati dei partiti possono eleggere alcuni loro rappresentanti nel CDA proprio della Rai. Il Cda Rai poi si occupa di decidere in merito a programmazione da trasmettere sulle tre reti, pubblicità e piani di spesa.
Questo il motivo per cui Roberto Fico ne è presidente, e questo il motivo per cui proprio lui solleva alla Rai delle domande delicate riguardo al compenso che sarebbe stato previsto per Benigni: in questi giorni infatti girano notizie secondo le quali la Rai e il manager di Benigni Lucio Presta starebbero trattando per il cachet che si aggirerebbe intorno alla cifra esorbitante di 4 milioni di euro dei quali 2,8 milioni sarebbero per lo show di dicembre e la restante parte per una puntata ancora da programmare sulla Divina Commedia.

La contestazione di Fico riguarda alcuni punti fondamentali: perché non viene usata chiarezza e non c'è trasparenza sui compensi, se è vero che sono lontani dal vero?

Ricordiamoci che la Rai è stata sottoposta dal governo a un taglio di 150 milioni di euro pertanto ora deve dare maggior importanza al contenimento delle spese. La seconda domanda sulla quale Fico esige chiarezza è sulle maestranze che verranno impiegate nel programma: la commissione il 7 maggio scorso aveva stilato un contratto di servizio che vieterebbe, causa conflitto di interessi, di impiegare persone che lavorano per società di proprietà dei manager delle star in favore di personale Rai.

A rimetterci, fa quasi ridere dirlo, comunque saranno gli italiani che dal 2015 forse non dovranno pagare gli oltre 110 euro del canone, ma troveranno un altro simpatico orpello. Certo, basta solo cambiarne il nome - contributo al servizio pubblico radio-tv - e questo basterà per farne diventare obbligatorio il pagamento per tutte le famiglie, anche senza apparati radiotelevisivi in casa.