Clamoroso colpo messo a segno dalla Guardia di Finanza capitolina. Dopo 4 anni di serrate indagini, portate avanti dagli specialisti del Gico, è stata sgominata un’associazione criminale operante a Roma, ma fortemente intrecciata con gli ambienti malavitosi della ‘Ndrangheta e della Camorra. 17 le persone arrestate, durante l’operazione denominata “Luna Nera”, e numerosi i reati contestati tra cui l’usura e l’estorsione. I membri del clan erano dediti anche all'abusivismo finanziario, al riciclaggio e al reimpiego di capitali provenienti da traffici illeciti, così come al trasferimento fraudolento di valori, e uso illegale dei sistemi informatici.

Ad aggravare ulteriormente la posizione delle soggetti arrestati l’uso delle modalità mafiose per terrorizzare le proprie vittime. Sono stati sequestrati beni per un valore che supera i 16,5 milioni di euro.

Operazione 'Luna Nera'

È scattata all’alba di ieri mattina l’operazione Luna Nera, portata avanti dai Finanzieri del Comando Provinciale di Roma, che ha portato all’arresto di 17 persone. I reati contestati sono gravissimi: associazione a delinquere, usura, estorsione, abusivismo finanziario, reimpiego di capitali illeciti, trasferimento fraudolento di valori, riciclaggio e accesso abusivo a sistemi informatici. Un’indagine lunga e complessa, partita già nel 2013, a seguito della denuncia sporta da una delle vittime della banda criminale, stanca delle ripetute estorsioni, collegate a prestiti usurai.

Ad aggravare la posizione degli arrestati vi è anche il reato di intimidazione e assoggettamento attraverso il metodo mafioso. L’ordinanza di custodia cautelare è stata emessa dal G.I.P. del Tribunale capitolino su richiesta della locale Direzione Distrettuale Antimafia. Si attendo ulteriori sviluppi dell’inchiesta: sono ancora in corso di esecuzione 75 perquisizioni che tengono impegnati oltre 300 finanzieri tra Napoli, Milano e Potenza.

Uso del metodo mafioso per terrorizzare le vittime

Ciò che è scaturito dalle prime indagini, condotte dagli specialisti del Gico del Nucleo di Polizia Tributaria, è il rapporto illecito che si era instaurato tra il noto imprenditore romano Alessandro Presunti e i due pluripregiudicati campani Francesco Sirica (noto come Franco O’ Pazz) e Luigi Buonocore.

Sirica e Buonocore erano da diversi anni residenti nella capitale, e avevano creato un vero e proprio sodalizio tra la mala locale e gli ambienti malavitosi di stampo camorristico e 'ndranghetista. Tra i membri dell’associazione criminale ci sono Carmine Buonocore, fratello di Luigi, Alessandro De Palma, Domenico Sirica (padre di Francesco), Mirko Calì e Ilenia Tempesta (ex moglie di Presutti). Il sodalizio criminale non disdegnava l’uso della violenza e di logiche mafiose nella gestione dei propri “commerci criminali”. Dalle intercettazioni sono emerse le intimidazioni e le violenze con cui trattavano i propri affari, tra cui anche minacce di morte. E sempre attraverso le intercettazioni si è scoperto che l’imprenditore Alessandro Presutti si è rivolto a boss della ’ndrangheta calabrese per reclutare “agenti di riscossione crediti”, maggiormente convincenti nel caso di ritardi dei pagamenti.

È certo che si è rivolto al boss di Cosenza Maurizio Rango, reggente della cosca di ‘ndrangheta Rango – Zingari, tuttora in carcere per associazione mafiosa, a cui avrebbe chiesto di assoldare persino un presunto killer.

Reclutati anche esponenti della mala romana

A fronte di ingenti somme di denaro date a prestito, gli strozzini chiedevano il 20% di interessi, se le vittime risultavano morose partivano subito le minacce, le ritorsioni e anche il ricorso alla violenza (vi è stato anche un caso di accoltellamento). Diversi i pregiudicati romani reclutati dal sodalizio criminale, tra cui Giuseppe Cordaro, importante esponente della relativa famiglia operante nel quartiere Tor Bella Monaca. Il noto criminale, già agli arresti dal luglio 2016, è conosciuto alle cronache per i suoi traffici di droga e per essere implicato in numerosi fatti di sangue.

Durante le perquisizioni è stato rinvenuto un vero e proprio “libro mastro della droga”, collegato alla famiglia Fabietti - anch’essa specializzata in narcotraffico e operante a Tor Bella Monaca – in cui vi erano i resoconti delle operazioni di spaccio, al suo interno vi erano registrati 120 kg di droga per un valore di 6 milioni di euro.