Ormai sembra che i tempi siano maturi e che il rinnovo del contratto per i dipendenti pubblici che manca ormai da 8 anni sia pronto. I Decreti Madia, quelli sulla riforma del lavoro nelle PA, sono in esame alle Commissioni dei due rami del Parlamento. Probabilmente, tra questo fine settimana e l’inizio della prossima, il Governo emanerà l’atto di indirizzo che poi sarà passato all’ARAN, l’Agenzia per la contrattazione che rappresenta il Governo al tavolo della trattativa con le parti sociali. Ecco il punto della situazione e cosa ci si deve aspettare sul rinnovo del contratto, ma anche sulle problematiche dei precari e sulle nuove regole per le assenze per malattia.
Cosa significa 85 euro lordi pro capite
A fine novembre 2016, sindacati e Governo avevano siglato una intesa su quello che sarebbe stato destinato ai lavoratori statali alla voce rinnovo contrattuale. Sembra assurdo ma la realtà dice che il rinnovo dei contratti, assente da 8 anni, nonostante una sentenza della Corte Costituzionale che ha sancito la bocciatura del blocco voluto dalla Legge Fornero nel 2012, non è ancora stato approntato. I lavoratori statali, in questi anni, non si sono visti adeguare i propri stipendi al meccanismo della perequazione, cioè agli scatti relativi alla sopraggiunta inflazione. Mancano anche le indennità di vacanza, cioè i soldi spettanti per il periodo di vuoto tra un contratto e l’altro.
Si tratta di un aumento pari al 30% del tasso di inflazione annuale certificato dall’ISTAT e nel caso in questione, vale per la bellezza di oltre 7 anni. L’intesa di fine 2016 prevedeva aumenti medi pro capite di 85 euro lordi, ma i soldi stanziati in Legge di Bilancio, pari ad 1,5 miliardi, non bastavano per coprire gli oltre 3 milioni di lavoratori pubblici.
La manovrina correttiva o il Documento di Economia e Finanza appena licenziato dal Governo ha ampliato le cifre destinate al rinnovo, o meglio, ne ha previsto una ulteriore spesa di 2.8 miliardi. A dire il vero, questi soldi non bastano ancora per rientrare negli 85 euro di aumenti previsto. Ad oggi, nelle tasche dei dipendenti, finirebbero 35,9 euro al mese in più e per arrivare alle cifre stabilite dalla Madia, nella prossima Legge di Bilancio dovrebbero esserci ulteriori soldi.
Senza considerare che il Governo prevede che in aiuto alla questione, vengano anche gli Enti Locali, che dovrebbero garantire altri 1,2 miliardi. Resta sempre da stabilire il meccanismo di erogazione, che non dovrebbe essere uguale per tutti ma basato sul meccanismo della “piramide rovesciata”, cioè con aumenti per gli stipendi più bassi, che hanno subito maggiormente la crisi ed il blocco di stipendio.
Malattie e precariato gli altri nodi
Come sempre, le trattative hanno bisogno di punti fermi e di regole certe da discutere e la vicenda del contratto, in attesa dell’atto di indirizzo, non è l’unica sul tavolo della discussione con le parti sociali. La riforma Madia rivoluziona il mondo del Pubblico Impiego a partire dalle regole sui licenziamenti.
Il cosiddetto licenziamento sprint, per condotte incresciose e per combattere il fenomeno dei furbetti del cartellino e degli assenteisti è un punto molto importante. Sembra che si vada nella direzioni di inasprire di meno i tempi che portano al licenziamento del lavoratore, ma con regole ferree e perentorie. I licenziamenti disciplinari, che in origine, nel pacchetto riforma della Madia, avrebbero dovuto avere una durata ridotta di 90 giorni, potrebbero essere portati a 180. In pratica, le procedure disciplinari durerebbero 6 mesi, ma con regole rigide. Si cercherà di rendere più flessibile il meccanismo delle assenze per malattia, nella doppia ottica di venire incontro alle esigenze dei lavoratori ma anche degli Enti.
Per contrastare il fenomeno delle assenze per malattia, collegate ai festivi ed ai ponti, si lavora sull’inserimento di permessi ad ore per evitare che i dipendenti si assentino tutta la giornata nei casi di bisogno di visite specialistiche. Un intervento che dovrebbe riguardare anche i permessi della Legge 104 che dovrebbero diventare programmati tra lavoratore ed Enti, in modo tale da consentire a questi ultimi, di organizzare la sostituzione del dipendente, per tempo. Infine, si cercherà di rendere il trattamento di lavoro, dallo stipendio alla previdenza, quanto più simile possibile tra dipendenti a tempo determinato (i precari) con quelli a posto fisso.