Il giorno a lungo atteso è infine arrivato: ieri, 25 gennaio 2017, la Consulta si è pronunciata sull'ammissibilità costituzionale dell'Italicum. E ha emesso un verdetto positivo, sebbene ne abbia al contempo bocciati alcuni aspetti. Ma le forze politiche sono tornate immediatamente a reclamare a gran voce le urne.

Le parti bocciate

Quali sono gli elementi dell'Italicum "cassati" dalla Corte Costituzionale? Due: il ballottaggio e la possibilità che i capilista eletti in più collegi scelgano a propria discrezione quello che intendono rappresentare.

Il primo è stato bocciato perché non sarebbe ben amalgamato con il resto della riforma. Ciò perché il ballottaggio previsto dall'Italicum non indica una soglia minima di elettori a partire dalla quale esso stesso condurrebbe uno o più partiti a vincere legittimamente le elezioni. Per quanto riguarda il secondo aspetto, quello inerente ai capilista, il verdetto della Consulta è maggiormente comprensibile analizzando direttamente la nota con la quale le forze politiche hanno conosciuto il suo pronunciamento. Un inciso, in particolare, è molto significativo: “sopravvive comunque, allo stato, il criterio residuale del sorteggio”. Che cosa vogliono dire queste parole? La Consulta non ha potuto costituzionalmente ammettere che, come invece scritto nell'Italicum, i capilista scegliessero liberamente quale collegio rappresentare se eletti in più di essi, dal momento che sarebbe poi toccato alla Camera nominare coloro che avrebbero rappresentato gli altri collegi scartati dai capilista stessi - ma ciò senza vagliare l'opinione dei cittadini.

Di qui l'escamotage costituzionale adottata dai giudici e ravvisabile dietro quelle parole del verdetto: i capilista potranno scegliere liberamente il collegio da rappresentare se eletti in più d'uno e quelli scartati saranno assegnati per sorteggio. Un "metodo", questo, previsto dalla legge elettorale del 1957, una sorta di "criterio residuale" al quale fare appello in assenza di una regola più recenti per la ripartizione.

Le reazioni

Ad interessare maggiormente le forze politiche, tuttavia, è stato un altro passo del verdetto: “all'esito della sentenza, la legge elettorale è suscettibile di immediata applicazione”. Un "semaforo verde", questo, atteso tanto dal Pd, quanto da Lega e Cinque Stelle. Come riporta Repubblica.it, Matteo Renzi ha commentato così il pronunciamento della Corte Costituzionale: “tenteremo di tornare al Mattarellum, ma con queste leggi della Consulta si può già andare a votare”.

Un'opinione condivisa anche da Matteo Salvini e da Beppe Grillo, che già dopo qualche minuto dalla comunicazione del verdetto ripetevano “al voto, al voto” con il “Legalicum”. Più cauti sulle elezioni subito invece alcuni altri "big" del Pd come Andrea Orlando e Dario Franceschini, oltre che Forza Italia. Così ha infatti dichiarato Silvio Berlusconi in merito alla nuova forma dell'Italicum: “questo sistema non ci favorisce”.