Ombre dal passato remoto, ombre del passato prossimo: la Guardia di Finanza e i tecnici di Bankitalia hanno cercato, ieri, nella sede della Sparkasse di Bolzano, documenti che proverebbero il ritorno in Italia, dopo essere state riciclate, di somme di denaro trasferite nel 2016 dalla Lega all’estero.

Un investimento di 3 milioni di euro

Granducato del Lussemburgo: questo sarebbe il Paese nel quale il Carroccio avrebbe esportato denaro nel 2016 a seguito di rimborsi elettorali che il partito avrebbe percepito dal Parlamento. Denaro, quello, che sarebbe stato spostato al fine di metterlo al riparo da possibili sequestri.

E la Sparkasse, la Cassa di risparmio altoatesina, secondo l’ipotesi degli inquirenti, avrebbe appunto avuto un ruolo centrale in questa transazione: attraverso essa avrebbe infatti avuto luogo un investimento di 3 milioni di euro in Lussemburgo. Capitale che poi, sempre mediante la Sparkasse, sarebbe tornato in Italia e che sarebbe collegato in qualche modo ad esponenti della Lega, partito ora al governo. Operazioni, queste, sospette, le quali appunto hanno fatto scattare tutta una serie di controlli, nel corso della giornata di ieri, da parte delle Fiamme Gialle e dei funzionari della Banca d’Italia.

Le verifiche

Era stata una fiduciaria lussemburghese, nei mesi scorsi, a segnalare questa transazione anomala avvenuta nella Cassa di risparmio bolzanese (quella di ‘ritorno’, per la precisione) alla Banca d’Italia, la quale ha inviato la segnalazione alla procura di Genova, che a sua volta ha incaricato la Gdf di avviare i relativi controlli sulla liceità di questo flusso di denaro formulando, nel frattempo, un’ipotesi di reato contro ignoti di riciclaggio.

I controlli, oltre che nell’istituto bancario di Bolzano, sono avvenuti anche a Milano e a Collecchio (Parma).

Il ‘tesoro’ della Lega

L’intento finale degli inquirenti è di comprendere se quei 3 milioni tornati nel Paese siano parte di quei 48 in rimborsi elettorali percepiti dalla Lega tra il 2008 ed il 2010, a causa dei quali sono stati condannati in primo grado per truffa l’allora segretario federale del Carroccio Umberto Bossi ed il tesoriere Francesco Belsito.

L’intento finale degli inquirenti è di comprendere, insomma, se 45 di quei 48 milioni (a fronte dei soli 3 confiscati) siano stati effettivamente spesi per ‘attività elettorali’ - come dichiarato dai vertici leghisti - oppure se in realtà il denaro sia stato diviso, come vi è motivo di credere, tra più istituti bancari per essere successivamente ‘ripulito’ e dunque riciclato, diviso precisamente tra l’Unicredit di Vicenza; l’Aletti di Genova e di Milano; la Sparkasse di Bolzano.

Tutte movimentazioni di denaro, queste, che sarebbero avvenute, ‘materialmente’, nel corso della segreteria post-Senatùr di Roberto Maroni prima e di Matteo Salvini poi, come - dopo l’estinzione del deposito effettuato nella Cassa di Risparmio bolzanese nel 2013 (la cui somma venne investita in società e finanziarie riconducibili di nuovo al Carroccio) - quella appunto dei 3 milioni di euro che sarebbero stati spostati durante il 2016 nel Granducato di Lussemburgo.