Ormai si sa, le scorribande di Trump in politica estera non sorprendono più nessuno. Appena tre giorni fa sentivamo della minaccia ad Assad e della suggestiva ipotesi di una nuova guerra, fortunatamente (ad oggi) poco fondata.A fare scalpore oggi è invece una summa dei rapporti con la Cina e col suo presidente, da cordiali e pacifici a via via sempre più fumosi e contraddittori.

Ci eravamo tanto amati

Tutto inizia con un incontro tra i due potenti capi di Stato lo scorso febbraio, in Florida. Nonostante la profonda avversione del miliardario newyorkese per tutto ciò che non sia rigorosamente "made in USA", l'incontro tra i due sembra prendere il decollo.

Avrebbe dichiarato Trump: "La Cina è giunta negli Stati Uniti; il Presidente, con cui ho sviluppato una relazione molto buona, io credo sia una persona molto interessante. Sono riuscito a conoscerlo molto bene in un periodo di due giorni. Siamo stati insieme ore ed ore da soli. Avevamo un incontro programmato per 15 minuti che è poi durato tre ore. La stessa cosa è accaduta il giorno dopo. Abbiamo una buona chimica insieme."

Queste dichiarazioni risultano addirittura sorprendenti se si pensa a quanto il presidente repubblicano nel corso della campagna elettorale abbia insistito sull'investire nei prodotti locali, cosa che avrebbe senza dubbio congelato definitivamente il rapporto con la Cina, la cui economia si basa in ottima parte sull'export.

La questione Corea del Nord

Bandolo della complicata matassa alla base di questa relazione è la gestione della Corea del Nord, vera e propria scheggia impazzita della comunità internazionale (non a caso, ancora etichettata dall'ONU come "rough state").Non nuova a dichiarazioni belligeranti contro l'Occidente e in particolare contro gli Stati Uniti, Pyongyang si è dimostrata negli ultimi tempi particolarmente indomita, incrinando i rapporti con l'Occidente fino al punto di non ritorno, la morte di Otto Warmbier.

In questo caso la Cina aveva provato a prodigarsi per favorire la mediazione tra i due paesi non sortendo tuttavia l'effetto sperato. Scriveva infatti Trump su twitter il 21 giugno che gli sforzi della Cina per contenere la Corea del Nord non "avevano funzionato", nonostante apprezzasse molto il tentativo.

Una tale pressione su Pechino si giustifica con la ben nota corsa agli armamenti nucleari da parte della Corea del Nord, corsa che rischia di portare presto o tardi a un nuovo conflitto, questa volta di proporzioni ignote.

Da qui, dunque, una presa di posizione forte contro il governo cinese.

Le sanzioni sulle banche cinesi

Non solo parole, anche fatti. Il Tycoon ci ha in effetti abituati a mosse massicce collegate alle sue dichiarazioni; mosse non sempre sobrie, non sempre auspicabili, ma comunque azioni. E in questo caso le azioni sono le più impulsive possibili: gli USA hanno infatti comminato una sanzione sulla banca cinese di Dandong con l'accusa di intrattenere "legami commerciali" con Pyongyang e in qualche modo quindi, implicitamente, di finanziare l'eventuale armamento nucleare.

La Cina trafficante

Non contento, martedì Trump confermava la fortissima inversione di tendenza, scrivendo su Twitter che la Cina era considerato il "peggior Stato per quanto riguarda il traffico di esseri umani".

Il tweet è stato formulato sulla base di un rapporto dello US State Department. Il rapporto parla chiaro: "La Cina non incontra gli standard minimi per l'eliminazione del traffico umano e non sta facendo sforzi significativi per raggiungerli; per questi motivi, la Cina è stata declassata nella fascia numero 3 (la più bassa, n.d.R.)".

Occorre notare che, nonostante l'inchiesta non fosse una diretta emanazione di Trump, sia stato il Tycoon stesso ad aver voluto farsi portavoce del racconto e a prendere una netta posizione contro la Cina, inasprendo ulteriormente quel rapporto un tempo di grande "chimica" e intesa.

In ultima analisi, il rapporto tra i due Paesi, mai stato limpido né cristallino, rischia di venire ai ferri corti.

Nonostante il rischio concreto di un conflitto ("freddo" o "caldo" che sia) appaia oggi ancora improbabile (a causa di una forte interdipendenza economica reciproca), occorre prendere nota che i presunti "progressi" fatti da Trump verso la questione appaiono oggi vani. Appare infine auspicabile un ennesimo "ritorno alla Cina" il prima possibile al fine di gestire la questione della Corea del Nord prima che si possa arrivare in una situazione di reale pericolo.