Un gruppo di ricercatori del MIT di Cambridge, U.S.A., ha dimostrato che è possibile stimolare strutture profonde del cervello, finora raggiungibili soltanto in maniera altamente invasiva con elettrodi di profondità, tramite una combinazione di energia magnetica e termica, e l'attivazione di particolari recettori di membrana dei neuroni sensibili al calore.

La nuova tecnologia

Il metodo per la stimolazione senza fili e senza elettrodi del cervello si basa sulle nanotecnologie e sull'utilizzo di campi magnetici. Infatti, quando delle nanoparticelle (diametro di circa 22 nanometri) di ossido di ferro, magnetiche, vengono esposte a un campo magnetico alternato, esse si scaldano rapidamente.

D'altra parte esistono dei recettori di membrana di alcuni neuroni, chiamati TRPV1, che si attivano, e dunque evocano segnali elettrici, a seguito dell'esposizione al calore o alla capsaicina, ovvero la sostanza che rende piccante il peperoncino. Di conseguenza, l'esposizione dei neuroni che posseggono i recettori TRPV1 al calore emanato dalle nanoparticelle scaldate dai campi magnetici alternati si traduce nell'attivazione elettrica dei neuroni stessi.

I risultati preliminari

"In prima battuta" dice introducendo il suo lavoro Polina Alikeeva, professore di scienze dei materiali e ingegneria al MIT, nonché coordinatrice dello studio "abbiamo testato il metodo in vitro, ovvero su neuroni in coltura.

Ad alcuni neuroni abbiamo fatto esprimere il recettore TRPV1 per il calore e la capsaicina, mentre ad altri no. Esposte entrambe le popolazioni di neuroni al calore emesso dalle nanoparticelle rilasciate nelle loro vicinanze e riscaldate con i campi magnetici, soltanto i neuroni provvisti del recettore termico TRPV1 rispondevano generando segnali elettrici".

I ricercatori del MIT si sono poi spostati su un modello animale in vivo e, utilizzando dei vettori virali, hanno fatto in modo che i neuroni di un'area cerebrale profonda, chiamata area segmentale ventrale, esprimessero i recettori TRPV1 in una popolazione di topi e ne rimanessero privi in una popolazione di controllo. "Soltanto nel primo caso l'esposizione a campi magnetici e l'iniezione delle nanoparticelle, che tendono a rimanere nel luogo in cui sono state inoculate, generava segnali di attività nervosa" sottolinea la professoressa Alikeeva.

Le prospettive di utilizzo

Se la nuova tecnica sarà applicata con successo nell'essere umano, le ricadute sul piano clinico potrebbero essere molteplici. Ci sono infatti pazienti affetti da patologie neurologiche, come il morbo di Parkinson, oppure psichiatriche, come la depressione maggiore, che beneficiano di stimolazioni cerebrali profonde. Tuttavia, questo tipo di stimolazione ha costi e rischi elevati, oltre a essere estremamente invasiva. Dunque una tecnica come quella messa a punto dal gruppo di ricercatori del MIT che non prevede un intervento neurochirurgo, ma soltanto una stimolazione magnetica dall'esterno, potrebbe rivelarsi molto vantaggiosa in numerose condizioni neuropsichiatriche.