Proseguendo nel nostro "escursus" tra la fauna dannosa, per noi, e troviamo gli imenotteri meglio conosciuti come api, vespe etc., i quali non scherzano se provocati, se pur incidentalmente, dalla nostra presenza o da qualsiasi essere che abbia la ventura di capitare sui loro territori.

Sebbene le api siano considerate, ormai unanimemente, parte integrante del sistema di sopravvivenza dello stesso pianeta, sono le vespe i "killer" che, a differenza delle api che si cibano di nettare dei fiori, alimenti zuccherini e la frutta di stagione, sono carnivore e si cibano delle carcasse che si trovano ormai ovunque come quelle di altri insetti.

Sono queste ultim, le vespe, che ci interessano: così aggressive e con la capacita di pungere più volte perché provviste di un pungiglione liscio e, quindi, non lo perdono alla prima inoculazione, come capita alle api che hanno un aculeo seghettato (immaginiamo una fiocina) e non potendo estrarlo dopo la puntura resta nel punto in cui si infligge causandone la morte.

Le vespe sono animali sociali che fanno il nido nei posti più impensati ed al contrario delle api, possono costruire favi anche sotto terra, dentro tronchi distrutti, nei sottotetti, insomma ovunque ci sia la possibilità di un corto viaggio per il pascolo. Sono particolarmente feroci e carnivore, infatti non è raro un loro assalto alle api sino a distruggerne l'intero favo, e all'uomo che, non felice delle specie europee, ha pensato bene di immetterne un tipo asiatico nel sud della Francia ancora più aggressivo, stravolgendo anche in questo meraviglioso microsistema, lo status ideale.

Il pericolo cui noi stiamo dando un peso, si trova sia nella puntura del nostro alato insetto, più che nella sua ingerenza sulla vita stessa delle api.

Solitamente un favo contiene poche decine di migliaia di insetti ma si rinvengono conglomerati di quasi centomila esseri governati da una regina ed in primavera, come per tutti gli imenotteri, avviene la sciamatura in cui la nuova regina porta con se elementi sia maschi che femmine infeconde, da destinare ad operaie.

Un vespa, di per sé, provoca dolore prurito e gonfiore perché al momento dell'aggressione emana un feromone che sembra, attivi l'eccitazione della specie richiamando a sé le altre simili determinando un'aggressione di massa che porta, quasi sempre, a problemi seri ed in alcuni casi anche al decesso. Un essere umano ha una sopravvivenza massima di ventiquattro ore in caso di punture multiple che comunque superino la quantità di trenta - quaranta ma, intervenendo adeguatamente con antistaminici per endovena entro un'ora dall'incidente, le probabilità di cavarsela sono esponenziali.

Di cosa sia composto il veleno delle vespe o calabroni è ormai noto: istamina, dopamina, noradrenalina, le quali, in una micidiale miscela, sono causa di chemiotattici e di degranulazione dei mastociti. Importante è conoscere quali siano le precauzioni da prendere tenendo presente che la stragrande maggioranza di effetti gravi (sino al decesso) sono avvenute in quei soggetti punti al collo o al capo e, in altri casi, una normalissima puntura antistaminica risolve il problema in alcune ore. Mai aggressive se non disturbate (parliamo delle api) è l'eventuale nostra fobia che crea, dopo la puntura, un aumento della circolazione sanguigna permettendo al veleno di accelerare la sua diffusione nel nostro organismo.

.Ma non dimentichiamo che se sparissero le api dal nostro pianeta, l'uomo stesso avrebbe pochi anni di sopravvivenza, non dimentichiamolo mai e, quindi, il rispetto per ogni essere vivente è il sintomo d'aver compreso quanto anche un granello di sabbia sia necessario al nostro ecosistema.