L'allarme è stato lanciato dal Parco Nazionale degli Ecrins: il "Glacier Blanc", uno dei più grandi ghiacciai delle Alpi del Delfinato francesi, continua a sciogliersi, perdendo spessore. E come l'estate del 2015, anche il 2016 potrebbe portare a un'accelerazione del processo di scioglimento. Le misurazioni eseguite dagli esperti a fine agosto hanno mostrato che la fusione estiva ha quasi raggiunto i valori medi dell'anno scorso.
Ma nonostante non sia stato ancora toccato il drammatico record del 2015, i numeri sono destinati a peggiorare, visto il caldo anomalo di settembre.
Si intensifica lo scioglimento estivo
Il surriscaldamento climatico è il principale responsabile della perdita di spessore del ghiacciaio: da un lato le alte temperature estive accelerano il processo di scioglimento, dall'altro la debolezza delle precipitazioni invernali non garantisce più un adeguato accumulo di neve. La tendenza negativa, iniziata negli anni Ottanta, ha visto una preoccupante accelerazione negli ultimi 15 anni, a indicare che il ghiacciaio non è più in equilibrio con il clima.
Una situazione comune ad altri ghiacciai
Il decennio 1970-80 fu l'ultimo periodo di equilibrio del "Glacier Blanc" con il clima: si registrò un bilancio di massa pari a zero, con lo scioglimento estivo compensato da buoni accumuli nevosi invernali. Ma dal 2002 la situazione ha cominciato a peggiorare e negli ultimi dodici anni il "Glacier Blanc" ha perso quasi dieci metri di spessore. La risposta del ghiacciaio ai cambiamenti climatici, monitorata annualmente dal Parco Nazionale degli Ecrins, mostra che la tendenza a lungo termine è quella di una progressiva riduzione del volume, fenomeno che interessa quasi tutti i ghiacciai delle Alpi. Come la "Mer de Glace", sul versante francese del Monte Bianco: il secondo ghiacciaio più importante dell'arco alpino ha perso più di tre metri di spessore l'anno scorso, tre volte più del normale.
E si attendono i dati di quest'anno.
Conseguenze catastrofiche
Gli allarmi giungono da più parti, assumendo dimensioni planetarie. Già il report "Ghiaccio bollente" del WWF accese due anni fa un faro preoccupante sulla riduzione dei ghiacci del pianeta e sui suoi effetti devastanti. Nelle zone polari, in particolare, il fenomeno ha assunto proporzioni immani dal momento che l'aumento della temperatura media è il doppio di quella registrata nel resto del pianeta. Dal ghiaccio della Terra dipendono risorse idriche, mitigazione del clima, equilibrio degli oceani, emissioni di gas serra.
Lo scenario peggiore per l'IPCC (Gruppo Intergovernativo su Cambiamento Climatico) prevede al 2100 un innalzamento del livello dei mari da 52 a 98 centimetri: le ripercussioni sulle zone costiere sarebbero catastrofiche.
Per scongiurarle si chiede di uscire dai combustibili fossili per cercare di mantenere il riscaldamento globale al di sotto dei 2°C. Ci stiamo riuscendo? Pare di no: poche settimane fa la NASA ha ufficialmente dichiarato che lo scorso luglio la temperatura del pianeta è stata la più alta mai registrata. "Stiamo oltrepassando dei confini naturali che non siamo in grado di vedere e violando dei limiti senza ritorno senza che ce ne accorgiamo" (Lester Brown).