Un'invenzione mirabolante che, questa sì, probabilmente darà molto filo da torcere alle maestranze che lavorano nell'edilizia. Poi, a seguire, forse anche ai lavoratori di Marte, se ce ne dovessero essere sul pianeta rosso. O agli umani che volessero ricollocarsi a livello occupazionale sulla Luna o su un pianeta sconosciuto. Una megastampante 3D mobile e robotizzata sviluppata dal Massachusetts Institute of Technology, una delle più importanti ed avanzate università di ricerca al mondo applicata all'industria, consentirà una costruzione più veloce, economica ed adattabile di interi edifici.
Che la tecnologia di ultimissima generazione, giusto in via di perfezionamento, la si voglia utilizzare per costruire in zone colpite da calamità naturali o che la Nasa voglia portarla in trasferta nello spazio nel corso di una missione per costruire il primo di una lunga serie di 'quartieri residenziali' su Marte, poco importa.
Ecco come funziona la maxi stampante
Come ben sappiamo, queste apparecchiature di nuovissima concezione consentono di realizzare oggetti di plastica, di ceramica, di calcestruzzo, di vetro e persino di ricostruire i tessuti della pelle umana, ma una cosa del genere non si era mai vista prima.
Questa maxistampante 3D, il cui funzionamento è stato descritto sulla rivista Science Robotics è costituita da un veicolo cingolato robotizzato alimentato da pannelli solari che trasporta due bracci di cui uno grande, industriale, e uno più piccolo, di precisione.
Questi bracci sono usati per dirigere qualsiasi ugello come quelli per versare materiale isolante in calcestruzzo. E nel caso specifico, contengono una spuma allo stato semi-liquido che si indurisce come cemento in pochi minuti.
A differenza di altre stampanti 3D, questo sistema può costruire un oggetto di qualsiasi dimensione e in tempi ultrarapidi.
Nel progetto pilota, il prototipo è stato costruito in meno di 14 ore di stampa. Il composto spalmato sul terreno dal braccio incaricato, ha creato dal nulla una struttura rotonda di 14,6 metri di diametro con mura alte quasi 4 metri che è perfetta come rifugio.
Dove utilizzare questa tecnologia
Il sistema può essere adattato a cantieri e ad attrezzature esistenti, impiegato in paesi in via di sviluppo, in luoghi colpiti da calamità naturali, dopo alluvioni o terremoti, al posto delle consuete 'casette', per fornire in tempi rapidi un riparo durevole.
Nell'edilizia ordinaria, può fare il grosso del lavoro ripetitivo o pericoloso, in tempi più che ridotti e con altrettanto minore impatto ambientale, visto che l'energia usata viene dai pannelli solari. Un gran bel modo di svecchiare l'industria delle costruzioni che è ancora basata su criteri di un secolo fa e deve ora mirare a un aggiornamento.
Tra gli obiettivi prossimi venturi, realizzare edifici totalmente autonomi da mandare sulla Luna, su Marte o in Antartide. Sperando in un piano regolatore, almeno là.