Il prossimo 28 ottobre, avrà luogo il processo contro Enrico Trovato, citato in giudizio immediato per disastro ambientale, secondo gli inquirenti sapeva delle perdite dei serbatoi di stoccaggio del greggio dell'azienda di cui era dirigente, ma non avrebbe fatto nulla per evitare che la situazione peggiorasse.
Nonostante le segnalazioni fossero iniziate dal 2012, solo nel febbraio del 2017 l'Eni ha riconosciuto pubblicamente la fuoriuscita di materiali pericolosi, e in particolare petrolio, dai serbatoi del Centro oli della Val d'Agri (Cova) dell'Eni, il giacimento sulla terraferma più grande d’Europa, che negli anni avrrebbe contaminato il reticolo idrografico della Val D'Agri.
Gran parte di ciò che è stato scoperto nel corso dell'inchiesta lo si deve a dei memorandum scritti dall'ingegnere dell'Eni Gianluca Griffa, trovato morto suicida in un bosco in Piemonte nel 2013, nei quali scriveva che l'Eni era già a conoscenza degli sversamenti dal 2012: ne era sicuro perché lui stesso lo aveva segnalato, ma non solo non era stato ascoltato, in risposta era stato subito assegnato ad un altro incarico e allontanato dalla struttura.
È molto probabile che Enrico Trovato, responsabile del Centro oli di Viaggiano, Basilicata, dal settembre 2014 al gennaio 2017, prima che il disastro ambientale fosse reso ufficiale, sapesse già delle perdite, ma abbia nascosto il fatto, peggiorando la situazione e contribuendo all'inquinamento di suolo e acque sotterranee.
Nello scorso aprile, Trovato era stato sottoposto agli arresti domiciliari, ma il persistere della situazione lo ha portato al giudizio immediato per disastro ambientale, che prevede pene possibili fino a 15 anni.
Sono stati chiamati in causa anche i precedenti responsabili del centro, Ruggero Gheller e Andrea Palma, non accusabili però di disastro ambientale in quanto il reato è entrato nel codice solo nel 2015, nonostante questo l’inchiesta conta altri 9 indagati, tra cui l'Eni.
Presentando lo scorso 8 ottobre Rosella Muroni, deputata LeU, un'interrogazione parlamentari, dopo una prima presentata lo scorso maggio, ha voluto ricordare che alla scoperta delle perdite non sono ancora seguite concrete iniziative per bonificare le aree contaminate attorno all'azienda, rafforzare il sistema di controllo da parte del ministero dell'Ambiente e riconoscere le responsabilità oggettive dell'Eni.
Questo purtroppo non è il primo caso di sversamento di petrolio in Bailicata, ma mai una così importante azienda è stata citata per disastro ambientale e si teme che la situazione dell'azienda rimarrà ancora molto incerta anche dopo il processo.