Luca Mercalli è glaciologo e presidente della Società Meteorologica Italiana. Lo abbiamo intervistato in esclusiva per la newsletter di Blasting News "It's Not True". Ci ha spiegato perché le disinformazione sul clima è un pericolo per le democrazie, perché i terrapiattisti non dovrebbero avere diritto di parola e come è difficile fare debunking di notizie false.
Partiamo da un episodio accaduto durante un suo intervento in una trasmissione di Rai 3. Dopo che lei ha spiegato i rischi del climate change, un giornalista le ha detto che a Trieste, dove si trovava lui in quel momento, non faceva caldo negando per questo l’esistenza dei cambiamenti climatici. Lei dopo aver notato che si dava più spazio a questo giornalista - non esperto di clima - ha lasciato la trasmissione. Come è possibile evitare questi confronti e spiegare ai cittadini che i cambiamenti climatici sono una cosa seria, non sono un’opinione ma una consolidata verità scientifica?
Credo che le risse in televisione siano inutili, aumentano solo la confusione degli spettatori.
Il problema è nel giornalismo che si ostina a far parlare chiunque anche su argomenti specialistici, esprimendo opinioni fuorvianti su temi che da decenni non sono più oggetto di dibattito scientifico. È come voler mettere a confronto un astrofisico e un terrapiattista, semplicemente la terra sappiamo che è sferica. Punto. Il terrapiattista non ha diritto di fare informazione, perché crea disinformazione. È un problema di deontologia professionale, non di democrazia.
Lo dico come giornalista scientifico e formatore per i colleghi dell'Ordine dei Giornalisti italiano.
Prima il Covid e ora i cambiamenti climatici. Come mai c’è tutto questo complottismo attorno al tema, nonostante ci siano tutti gli elementi per essere concordi su come l’attività umana stia cambiando gli equilibri del pianeta?
Di cambiamenti climatici indotti dall'attività umana si parla sui media da almeno trent'anni, cioè dalla conferenza UN di Rio de Janeiro del 1992 che ha portato il tema clima - prima riservato agli addetti ai lavori - sul piano politico e sociale. Il negazionismo e il complottismo ci sono sempre stati, ieri per precisi interessi economici, ma oggi due cause nuove lo alimentano: la facilità di diffusione di opinioni senza fondamento su Internet e l'ansia delle persone che quando si accorgono che il problema li tocca più da vicino e devono dunque assumersi delle responsabilità (che nel 1992 sembravano lontane...), cercano tutti i modi per negare l'evidenza, fabbricarsi alibi e evitare di cambiare abitudini.
Proprio cercando di ampliare questo concetto, perché questa narrazione ammicca ai populismi e più precisamente a una certa destra in tutto il mondo?
Il tema climatico diventa ideologico quando tocca l'economia e il ruolo della regolamentazione degli stati sulla vita delle persone.
Perché il cambiamento climatico trova così poco spazio nelle agende politiche mentre è il cuore delle proteste delle generazioni più giovani?
Il contrasto alla crisi climatica non genera mai consenso politico: richiede impegni personali, nuove tasse, nuove leggi e nuovi controlli. E non fornisce risultati tangibili immediati ma solo a lunghissimo termine. Quindi il politico con una visione elettorale a breve termine lo evita il più possibile.
I giovani (ma attenzione, non tutti, solo una piccola parte) hanno capito invece che saranno loro a subire i danni maggiori se non si interviene in tempo e per questo protestano, ma sono pochi e per ora non hanno ottenuto risultati.
Quanto è difficile smontare le notizie false sul climate change? Ci sono dei metodi e cosa possiamo fare per difenderci? E qual è il vostro ruolo di scienziati in tutto questo?
È difficile perché le Fake News fanno presa sulle emozioni rapide, semplici e comode da capire, sebbene errate, mentre la conoscenza scientifica ha bisogno di tempo per essere spiegata e fa appello alle facoltà razionali e non emotive. Di solito dico che ci vuole un secondo per sparare una stupidaggine e almeno un'ora per confutarla.
E spesso un'ora nei media non c'è... Quindi ha vinto chi spara menzogne. I metodi sarebbero quelli di rifarsi all'autorevolezza delle fonti, Università, Enti pubblici di ricerca, servizi meteorologici di stato, organi delle Nazioni Unite, e non alle chiacchiere da bar. Gli scienziati fanno ciò che possono, ma sono sommersi dalla cattiva informazione quando non addirittura da minacce e attacchi diretti.
Un’ultima domanda. I negazionisti climatici dicono che ha sempre fatto caldo e che tutti questi fenomeni estremi sono già accaduti in passato prima della rivoluzione industriale. Lei come smonterebbe questa analisi?
Mi occorrerebbe molto tempo per rispondere con argomentazioni scientifiche a un'affermazione così superficiale.
Mi verrebbe da dire: leggetevi i rapporti sul clima dell'IPCC (Comitato intergovernativo sui Cambiamenti climatici delle Nazioni Unite): tutti li criticano ma non ne hanno mai letto una sola pagina! Come glaciologo - direi che posso utilizzare l'incredibile arretramento dei ghiacciai di questi ultimi anni, che non ha eguali nella storia degli ultimi millenni: la mummia dell'uomo del Similaun ha 5.300 anni ed è uscita dal ghiaccio solo nel 1991, se avesse fatto più caldo nell'epoca romana o nel medioevo sarebbe emersa e si sarebbe deteriorata. Con il riscaldamento globale fuori controllo rischiamo grosso, perché continuare a credere a chi dice che ‘va tutto bene madama la marchesa’?