Milan-Udinese, in programma sabato 19 ottobre, si giocherà a porte chiuse a causa dei cori razzisti intonati dai tifosi rossoneri nel corso dell'ultima trasferta allo Juventus Stadium, che hanno fatto scattare immediatamente la squalifica del campo. La reazione in casa-Milan non si è certo fatta attendere: dopo la chiusura del settore di Curva Sud contro la Sampdoria, in seguito ai cori discriminatori indirizzati i tifosi del Napoli durante il match contro i partenopei, è giunta nella giornata ieri la decisione che di fatto impedisce a tutti gli abbonati di recarsi allo stadio per assistere alla partita contro l'Udinese.

"Cori espressivi di discriminazione territoriale nei confronti di altre società ed altri sostenitori", questo il testo della sentenza espressa dal giudice sportivo Tosel, alludendo chiaramente ai ripetuti insulti contenuti nei 'canti' dei supporters milanisti presenti a Torino domenica sera. Galliani, amministratore delegato del Milan, non ha fatto attendere la sua reazione che, come prevedibile, è stata: "Faremo ricorso"- ha detto il dirigente rossonero- "la norma sul razzismo territoriale va abolita, così si rischia di consegnare il destino dei club nelle mani di 40-50 facinorosi".

Quello che si è instaurato è un clima teso a condannare ogni singola espressione di razzismo o insulto legato al colore della pelle o alla città di provenienza, all'interno degli stadi di calcio; il presidente di Lega, Maurizio Beretta, pur riconoscendo l'incredulità manifestata dall'ambiente rossonero in merito alla decisione di chiudere San Siro, si è detto convinto che quella intrapresa sia l'unica strada percorribile per debellare definitivamente il cancro del razzismo dal calcio italiano.

Ma i tifosi non ci stanno ed è proprio di domenica scorsa la risposta dei tifosi napoletani, solidali con i rivali milanisti, manifestata con lo striscione "Napoli colera", chiaramente autoironico, esposto domenica al San Paolo nel match contro il Livorno. Combattere il razzismo va bene, ma voler cancellare cent'anni di sano campanilismo, forse, è eccessivo, specialmente quando si parla del più popolare degli sport italiani, il calcio.