La sconfitta di Firenze conferma l’abilità insita nel dna genoano di perdere partite che qualunque squadra dotata di un po’ di cinismo pareggia o vince. Stessa disamina si sarebbe potuta adattare per descrivere la sconfitta di Palermo all’esordio in campionato. Il Genoa, pur in superiorità numerica per gran parte della ripresa, non ha saputo creare pericoli alla porta della Viola che, in una gara bloccata tatticamente come se fosse una partita a scacchi, ha trovato il goal grazie a Babacar.

Babacar, sempre lui…

Il coloured sembra avere un conto aperto col Grifone, essendo già alla sua terza rete contro la squadra RossoBlu. Il tutto al quarto d’ora di una ripresa che aveva visto la Fiorentina alzare i ritmi, dopo un primo tempo nel quale il Genoa aveva avuto l’occasione migliore: Costa inventa per Pandev che è bravo a superare Alonso e presentarsi a tu per tu con Tatarusanu. Meno bravo il macedone nel pallonetto che termina alto. Al di là della ruggine di Pandev, la gara ha palesato un’inconsistenza in avanti che comincia a essere preoccupante e l’assenza contemporanea di Gakpe e Pavoletti è un alibi che alla lunga non può reggere.

Il ritorno di Perotti

Si è rivisto Perotti, molto presente nei venti minuti in cui Gasperini lo ha inserito. Il 10 ha iniziato a dettare i tempi in attacco per manovre che sono apparse fluide ma sempre in totale assenza di stoccatori. Già nel primo tempo le sgroppate di Cissokho (tra i migliori) si perdevano nel nulla dell’attacco formato da Pandev e Capel (quest’ultimo un pesce fuor d’acqua) ma anche nel secondo tempo la sensazione di non pungere era palese. Gli ingressi di Dzemaili, Lazovic e dello stesso Perotti hanno confermato la linea da seguire: infarcire la squadra di fantasia e gamba, con la speranza di trovare il varco nella difesa viola. Impresa impossibile che solo alla fine stava riuscendo, con Izzo pronto a battere da solo a pochi metri dalla porta.

Lavori in corso

La fase difensiva, a parte l’ennesimo goal sciocco a difesa schierata, ha funzionato bene. La prestazione di Izzo è stata precisa e alla costante ricerca dell’anticipo. Bene anche Burdisso, meno brillante del solito De Maio. Costa ha impreziosito una prova impalpabile con il (quasi) assist per Pandev alla fine del primo tempo, mentre Rincon e Ntcham hanno spaziato fra le linee, sovrapponendosi con gli esterni (positivi Laxalt e Cissokho) o cercando l’inserimento. In avanti, detto della crisi d’identità di Pandev che non ha saputo leggere palloni che un vero centravanti avrebbe sbranato nel secondo tempo, resta da capire se e cosa potrà dare Capel. Perotti ha portato ordine, ha giostrato da sinistra tentando l’accentramento e ha sempre chiesto il pallone, entrando nel vivo di azioni che però non sono sfociate in nulla.

Proprio questo nulla, a prescindere dall’esito delle gare, va rimosso. Perché i genoani ricordano la sensazione di un Genoa che sembrava potesse prendere o fare goal con chiunque e in qualunque momento. Ora il Grifone appare fragile e poco capace di essere pericoloso anche giocando una buona mezz’ora in superiorità numerica. Gasperini ha forse pareggiato la sua partita tattica con Sousa, una gara piena di duelli per tutto il campo, dove il pressing ha regnato finché le gambe hanno retto. Ha però perso nel punteggio, perché la Viola ha mostrato di possedere giocatori in grado di cambiare le cose da un momento all’altro, mentre il Genoa è sembrato inconsistente una volta ai sedici metri, a parte qualche tiraccio di Dzemaili.