Come già anticipato dall’attivista Pietro Ioia, che ha raccolto alcune testimonianze particolarmente forti, si torna a parlare di presunti maltrattamenti all’interno del sistema carcerario partenopeo dove, nonostante una facciata di rinnovamento, continuano a esistere spettri del passato. Il “fattaccio”, stavolta, sarebbe avvenuto non a Poggioreale bensì nel reparto detentivo dell’Ospedale Cardarelli di Napoli (reparto Palermo) laddove il detenuto V.C. (le sue iniziali) napoletano di 40 anni, ha denunciato mediante una lettera della quale siamo entrati in possesso, di aver subito percosse e maltrattamenti.

La vicenda

Il detenuto V.C. è stato colto da un sospetto ictus e infarto il 29 luglio scorso quando era già detenuto a Poggioreale dopo un breve transito per Bellizzi a causa del sovraffollamento. Dopo un periodo trascorso all’ospedale Loreto Mare è passato nel reparto Palermo del Cardarelli, nella cella Ischia assieme ad altri tre detenuti, uno dei quali di nazionalità albanese. V.C. ha denunciato atteggiamenti razzisti nei confronti del balcanico da parte di una guardia, la quale sarebbe stata anche ripresa dal brigadiere di turno sia per le frasi contro l’albanese che per atteggiamenti poco rispettosi nei confronti dei detenuti in genere: scrive V.C: “Altro che cure mediche, mangiare e bere.

Se fosse stato per lui ci avrebbe sparato in testa” . Tutto ciò, stando alla denuncia, sarebbe avvenuto il 2 agosto scorso intorno alle 15 e l’atteggiamento della guardia in questione ha generato un acceso diverbio.

L'episodio chiave

Cinque giorni dopo, il 7 agosto alla presenza di un altro brigadiere, si sarebbe verificato l’episodio chiave della denuncia: accompagnato verso le 11 nella sala colloqui del reparto Palermo del Cardarelli, sarebbe stato chiesto a V.C.

di firmare alcuni documenti inerenti quanto accaduto il 2 agosto ma una volta che il detenuto si è rifiutato di sottoscriverli a causa della non veridicità di quanto contenuto, lo scenario è cambiato. “Nel momento in cui mi alzo dalla sedia – scrive V.C. – vengo bloccato, ammanettato e picchiato da quattro agenti in quel momento di turno”.

Il detenuto parla di “pugni al volto, calci alla testa e all’addome mentre ero ammanettato a terra. Si sono fermati solo quando mi hanno visto rigurgitare il sangue dalla bocca”, spiega V.C. che ha specificato come in quel momento si trovasse in stato di paresi alla parte sinistra del corpo a seguito dell’ictus per il quale erano in corso accertamenti, così come per una cisti al cervello al lobo frontale sinistro. “Tutto questo – si legge – alla presenza del brigadiere che ha dato l’ordine di ammanettarmi”.

Il rischio di una nuova Cella Zero

A seguito del pestaggio, spiega il detenuto nella sua lettera, la visita da parte del primario come riscontrabile nella cartella clinica laddove tutto sarebbe stato segnato.

Alla fine V.C. pur incompatibile col regime carcerario ha scelto di firmare contro il parere del primario l’uscita dall’ospedale Cardarelli per essere tradotto a Poggioreale. Scrive V.C.: “Chiedo e ottengo contro il parere dello stesso primario di firmare in cartella e scappare via dal Cardarelli prima che mi accadesse qualche altra cosa. Ho paura e ho rifiutato altri ricoveri al Cardarelli per la mia stessa incolumità”, conclude un cittadino che ha scelto di tornare in cella con tutto ciò che significa nelle sue condizioni. Un caso su cui, nonostante dal Cardarelli abbiano già smentito sostenendo anzi che ad essere aggrediti siano stati gli agenti, chi di dovere farebbe bene a fare luce anche per evitare che tali condotte possano eventualmente ripetersi, consci che non tutti i ristretti hanno la forza per denunciare le vessazioni.

D’altronde le inchieste sulla “Cella Zero” di Poggioreale e il rinnovamento imposto dal direttore Antonio Fullone hanno portato benefici all’istituto napoletano ma è importante fare luce laddove taluni atti violenti si fossero spostati da un luogo all’altro del sistema carcerario.