Guai in vista per il Milan. O meglio, per il suo proprietario cinese, Li. Secondo il Corriere della Sera, infatti, Yonghong Li sarebbe stato insolvente già all'acquisto della Società rossonera per 740 milioni di euro. Per l'imprenditore cinese, dunque, sarebbe stata chiesta la bancarotta. L'articolo inchiesta è a firma di Milena Gabanelli e Mario Gerevini, che hanno cercato di far luce sulla holding Shenzen Jie Ande, offerta come credenziale al momento del passaggio di proprietà con Silvio Berlusconi.

La stessa Shenzen Jie Ande, che possiede una quota pure nella società Zhuhai Zhongfu, quotata in Borsa in Cina, aveva in pratica le casse vuote al momento in cui Li ha deciso di prendersi il Milan. La holding principale, chiamiamola così, aveva dunque ricevuto un ordine dal tribunale di Futian di essere venduta all'asta il 2 febbraio dello scorso anno sull'eBay cinese. Il motivo? Non c'era stata la restituzione di un prestito arrivato direttamente dalla Jiangsu Bank. E ancora: 60 milioni di euro - il valore delle quote - avrebbero dovuto ripagare i debiti con le banche. La vendita all'asta, successivamente, era stata sospesa per l'arrivo di un nuovo creditore.

Lo scorso 8 gennaio, infatti, la banca di Canton avrebbe chiesto la liquidazione della holding di Li per bancarotta, sempre a causa di soldi non restituiti.

Insomma, in patria Li veniva letteralmente inseguito dai creditori; in Italia, invece, andava a prendersi una delle Società calcistiche più importanti nel mondo, il Milan. Offrendo, come credenziali, miniere di fosfato (quali? Dove?) e l'11,39 per cento di Zhuhai Zhongfu, che Li controllava attraverso la cassaforte Jie Ande. Una cassaforte che, però, era miseramente vuota.

Milan acquistato da Li, l'uomo in bancarotta

Come se non bastasse tutto questo, il Corriere della Sera fa sapere che la China Securities Regulatory Commission, l'equivalente della nostra Consob, ha iniziato indagini per illeciti presunti commessi sul mercato dalla holding Shenzen Jie Ande: avrebbe tenuto nascoste per mesi sentenza e insolvenza.

Possibile, vi chiederete? Nessuno ha indagato da noi? Si è lasciato passare di mano il Milan senza controllare cosa accadeva in Cina? Evidentemente, no. Oppure qualcosa è rimasto appositamente nascosto? I tifosi del Milan hanno sognato e continuano giustamente a farlo. Anche perché l'estate scorsa la Società rossonera ha fatto un mercato faraonico. Con Leonardo Bonucci punta di diamante, strappato ai campioni d'Italia della Juventus.

Eppure, fin dal 2015, la partecipazione nella Zhuhai Zhongfu era in pegno alla Jiangsu Bank in cambio di un prestito che non è mai stato restituito. A maggio del 2016, lo stesso istituto di credito fa causa alla holding di Li, già insolvente; il 7 febbraio del 2017 il tribunale di Futian ordina la vendita all'asta del pegno, con relativo ricorso da parte di Jie Ande.

A Milano, però, le trattative per l'acquisto del Milan procedono finché, il 13 aprile del 2017, arrivano tutte le firme necessarie.

Il Milan passa di mano con 600 milioni di plusvalenza per Fininvest. Costa 740 milioni in tutto, ma nella trattativa girano numerosi milioni off-shore e c'è di mezzo pure un prestito da 300 milioni concesso dal fondo Usa Elliott. Scade il prossimo 15 ottobre, i tassi sono all'11 per cento. La storia non è finita, però. Metà maggio: il tribunale cinese respinge il ricorso di Li, il che significa vendita alla banca Jiangsu. Da uomo che non paga i debiti contratti, Li si presenta in Lega calcio nel giugno scorso presentando le sue credenziali su onorabilità e solidità.

Il Milan viene regolarmente iscritto alla serie A, il mercato è di quelli da grande squadra: vengono spesi 200 milioni (di chi?).

Ci state capendo qualcosa? Siamo a Natale 2017. Marco Fassone cerca 400 milioni per rifinanziare il prestito americano. Il tribunale cinese fissa l'asta giudiziale per il 2 febbraio. Ma ecco la Banca di Canton, che aveva prestato soldi mai restituiti, che chiede il conto a Li. Pertanto, chiede la bancarotta per la sua holding.

Fininvest, però, fa sapere di non aver mai trovato nulla contro Li Yonghong, che ha sempre rispettato impegni e scadenze. E allora? Il Corriere della Sera fa tre ipotesi: Li è veramente un riccone, finora ha fatto finta di non avere i soldi (in patria) oppure ha un'attività per cui non può far sapere a tutti che è proprietario di un vero tesoro.

Forse è riuscito a prendere in giro tutti. Si è prestato a un gioco più grande di lui, con soldi e garanzie che in realtà non sono suoi. E qui, entrerebbe in gioco il dubbio che in molti hanno dall'inizio, ossia che in realtà siano soldi di Silvio Berlusconi su conti esteri, fatti rientrare in Italia.