Capacità di vincere e gestire bene un gruppo affiatato, il tutto abbinato ad una costante serenità interiore. Questo è il ritratto di uno dei più grandi e vincenti allenatori della storia del calcio, Carlo Ancelotti. Merito di un'esperienza lunga più di 40 anni tra campo e panchina, e con l'aiuto di due insegnati "speciali", suo papà e Niels Liedholm.
Ancelotti fu uno dei protagonisti della magica Roma degli anni ’80.
L'ex centrocampista è stato non solo Campione d’Italia, ma raggiunse anche la finale di Coppa dei Campioni, persa poi contro il Liverpool. Tornato in Italia in estate per accettare la sfida con il Napoli, il tecnico di Reggiolo si è raccontato alla Gazzetta dello sport, in un'intervista realizzata da Walter Veltroni. "Mio padre era un contadino, sapeva gestire tutte le conseguenze delle gelate invernali sul raccolto, e io sono cresciuto guardando il suo rapporto con la terra, con gli animali e con la natura".
"Liedholm invece era tutto l'opposto dello stress - racconta Ancelotti - una volta, quando giocavo nella Roma, i tifosi della Lazio al Flaminio iniziarono a tirarci le pigne e a picchiarci.
Quando salimmo sul bus tutti insanguinati e doloranti, lui disse: ''Ragazzi tutto bene? Cosa vi succede?". Da lui ho imparato davvero cosa significhi la parola serenità".
Pressione mediatica e intelligenza tattica
Lo stress, secondo il tecnico azzurro, se gestito bene può essere una risorsa e non un problema.
"Se sono poco in ansia per una partita vuol dire che la sento molto. Paradossalmente le partite che sento di più sono proprio quelle che sento di meno. Lo stress deve essere gestito e controllato, richiede concentrazione e preparazione. Se si riesce a controllare lo stress, si ha un'arma in più dalla propria parte, la determinazione. Ma la vita di uno sportivo, che si tratti di un calciatore o di un allenatore non deve ruotare solo intorno al proprio lavoro, non si può pensare 24h solo alla partita.
Quando torno a casa ho bisogno di staccare la spina e stare con la mia famiglia, tutto questo mi tranquillizza e mi rasserena. Mi permette di ritornare a lavoro con la testa più leggera e decisamente più concentrato".
"Lo stesso Arrigo Sacchi ha rivoluzionato le metodologie di lavoro e allenamento, organizzando gli allenamenti di tattica e preparazione fisica, non sprecando inutilmente le energie".
Ancelotti nella sua carriera da calciatore ha militato in squadre con nomi altisonanti, come Roma, Milan, e ovunque abbia giocato è sempre stato un gran tattico, dosando forza ed energia, come si conviene per un centrocampista. Tutt'oggi che siede sulla panchina del Napoli, il tecnico continua a prediligere calciatori con una grande intelligenza: "Il calcio è una combinazione di diversi fattori, il solo talento per quanto importante non è sufficiente, l'intelligenza è fondamentale.
Naturalmente poi conta sia la genetica, che il fisico. Di geni del calcio ne ho visti pochi, in quel caso il talento è un dono naturale, estro e intelligenza si fondono in modo perfetto, ma non tutti gli esseri umani sono così fortunati. In un calcio oggi molto fisico, i calciatori bassi e minuti non dovrebbero proprio giocare, ma io non do importanza all'altezza. Il gioco del calcio è lo sport di tutti, senza alcuna esclusione. Chiunque può giocare, che sia lento o che sia veloce, che sia alto o che sia basso, chi ha una forte personalità sa farsi rispettare e dare spettacolo all'interno del rettangolo verde. Mertens e Insigne ne sono la piena dimostrazione. Anche Modric, vincitore del pallone d'oro 2018, che fisicamente è un po’ esile, ha una forte personalità.
Giocatori con queste caratteristiche non si spaventano nelle grandi occasioni".
Napoli i primi passi, un progetto destinato a durare
"Mi sento già un po’ Napoletano. Mi piace l'atmosfera che si vive qui, l'ambiente e la città. Napoli accoglie, non respinge. Tutti pensano che Napoli sia soltanto un grande caos, gente che strilla, corre ma in realtà non è così. Mi piace vivere la città, uscire per la strada, andare in ristoranti, le persone qui sono non mi importunano, rispettano la mia privacy. Arrigo Sacchi una volta mi disse che le persone si possono convincere solo in due modi, con la percussione o con la persuasione. Io delle due preferisco la persuasione. Se i giocatori non sono convinti di fare una cosa, non li costringo, tanto la farebbero male".
Lo stesso metodo adottato dallo stesso tecnico azzurro per lo stravolgimento della squadra. "Quando sono arrivato conoscevo già la squadra, il progetto, mi piaceva molto la sfida, cosi ho accettato. Il Napoli è una squadra che con Sarri ha acquistato un enorme bagaglio tecnico. Sarri ha lavorato molto bene, i ragazzi sono bravi. Piano piano stiamo modificando le modalità di gioco".
Alla domanda del cronista Veltroni, della Gazzetta dello sport, come si vede tra qualche anno? Qualche progetto qui? Il tecnico partenopeo risponde: "Un progetto futuro qui? Mi piacerebbe molto. Forse qui ci sono tutte le basi per restare a lungo".
Dove può arrivare il Napoli
Il Napoli quest'anno si trova al secondo posto, a 32 punti, della classifica generale della serie A, soltanto a - 8 dalla capolista Juventus.
Ha disputato un magnifico girone di qualificazione della Champions League. Per mister Ancelotti il suo Napoli ha il miglior centrocampo d'Italia.
"Questa squadra ha tante potenzialità, sia come collettivo, sia come singoli individui. Allan, Diawara, Hamsik, Ruiz, Zielinsky. Sono tutti talenti cristallini con un brillante futuro. Poi abbiamo Koulibaly, che a mio giudizio è tra i migliori difensori centrali del mondo, insieme a Varane e Ramos. La Juventus è tra le migliori squadre del globo ma non è inarrivabile, il campionato non è ancora finito. Nella mia carriera non ho mai incontrato squadre imbattibili, e non credo esistano, tutti possono essere battuti".
Che cos'è il calcio per Ancelotti
"Il calcio per me è un gioco. Spesso ci si dimentica che questo sport nasce come un gioco, tra le vie della città, tra i palazzi, in mezzo alle automobili.
Quando entra in gioco il denaro, tutto cambia improvvisamente e la magia inizia a spegnersi. Per Napoli il calcio è anche un diversivo, una via di fuga, qualcosa per dimenticarsi dei problemi della vita. Per quei 90 minuti puoi essere libero e spensierato. Per me il calcio resta un gioco, il più bello ed emozionante del mondo, mi diverto e lo faccio con passione."