Neanche la sicurezza di conoscere il proprio vicinato può servire a vivere tranquillamente le proprie giornate, soprattutto se a pagare della mente malata di alcuni uomini sono donne indifese come Roberta.
Doveva essere una cena tranquilla e invece è diventata un incubo che non verrà mai dimenticato, un incubo che lascerà un segno indelebile nella vita di Roberta. Un ragazzo sulla trentina e di origini egiziane ha violentato, la sera del 22 aprile 2015, Roberta di quarantuno anni. Il ragazzo, dopo averle consegnato la pizza a domicilio e vedendola sola in casa, ha abusato di lei.
Il ragazzo egiziano è ancora in libertà. Le indagini, portate avanti dalle forze dell'ordine, stanno cercando di arrivare alla conclusione del puzzle in base a quello che Roberta ha raccontato sia agli psicologi, che ai medici del Servizio antiviolenza dell'ospedale Mangiagalli.
Roberta quella sera era tornata a casa dopo una giornata faticosa e aveva ordinato come sempre un pizza alla pizzeria sotto casa. Erano circa le 21 quando il ragazzo delle consegne ha suonato al citofono. Aperta la porta dell'appartamento, Roberta si è trovata davanti uno sconosciuto. Mentre ha preso i soldi dal portafoglio, il giovane egiziano ha chiuso la porta alle sue spalle e ha iniziato la violenza contro la donna.
Roberta non ha gridato, non è riuscita neanche a chiamare aiuto forse perché presa dallo shock. Soltanto qualche giorno dopo Roberta è riuscita a chiedere aiuto all'amica attraverso un messaggio nel telefonino con scritto: ''Mi hanno violentata''. L'amica, saputo dell'accaduto, ha fatto il possibile per trovare il ragazzo ma nessuno conosce il suo nome, neanche il titolare della pizzeria.
Tutto il racconto di Roberta sta per essere analizzato, in questi giorni, dagli inquirenti e, dalle ultime analisi fatte all'ospedale Mangiagalli, si evince che nei vestiti che la donna indossava quella sera c'è la presenza di tracce organiche. Lo stesso giorno in cui Roberta si è diretta alla clinica è stata avvicinata da un conoscente dello stupratore che, con parole quasi minacciose ha cercatodi spaventarla: ''Vediamo se si possono sistemare le cose''.