Eppure molti credevano che l'impianto accusatorio a carico di Alberto Stasi, ex studente modello di Garlasco, sarebbe stato smontato. A contribuire a tale convinzione, probabilmente, sono state due assoluzioni ed il presentimento, diffuso, dell'arrivo di un nuovo, ennesimo processo, in seguito ad un probabile annullamento con rinvio da parte della Cassazione. Ebbene, niente di tutto questo.
La condanna per l'ormai tristemente famoso delitto arriva dura, implacabile, da togliere il fiato: 16 anni per l'omicidio di Chiara Poggi .
Si può consumare un delitto così atroce nell'arco di tempo che va dalle 9:12 alle 9:35 con freddezza e lucidità tale da permettere a Stasi di ritornare a lavorare alla tesi in tutta tranquillità come se quel sangue non fosse stato mai versato? Come se il pallore del viso di Chiara Poggi (descritto dallo stesso Stasi) non fosse stato mai colto? Adesso è Alberto a mostrare una carnagione più pallida del solito tra le mura del carcere di Bollate, definito da molti "a cinque stelle", come se si trattasse di un ameno luogo di vacanza.
Qui nemmeno una parola per Chiara, né per il delitto, forse per non ricordare, per lasciar correre quanto accaduto, per cadere nell'oblio leggendo un libro della biblioteca del carcere. I libri, si sa, aiutano ad evadere, sia pure soltanto con la mente. Ben centoquaranta pagine sono servite ai giudici per ripercorrere i punti cruciali della scottante vicenda, a cominciare da quel lasso di tempo che sarebbe servito ad uccidere, punto ritenuto pacifico, ossia accolto senza contestazioni.
Un movente scomodo
Altro punto cruciale il movente del delitto. In cosa potrebbe consistere la "scomodità" di una fidanzata come Chiara, nell'ambito di una tranquilla e riservata vita di coppia? Forse proprio la riservatezza ha costituito un punto debole per la ragazza; se solo si fosse confidata con un'amica, se solo fosse stata presa, anche lei, dalla smania dei social che impongono di pubblicare aspetti privati, probabilmente qualcuno che le voleva bene avrebbe potuto aiutarla, salvarla, farla uscire dalla vita apparentemente tranquilla che conduceva a Garlasco.
Primo sintomo del passaggio allo stadio di "vittima" è proprio il mancato dialogo, l'isolamento, la "riservatezza", che rendono le prede ancor più vulnerabili e deboli. Sarebbe stato meglio che Chiara si fosse fatta consolare da un'amica per qualche screzio col fidanzato, anziché non avere nemmeno la possibilità di continuare la sua esistenza ricca di sogni e di aspettative.