Quello scoperchiato dall’inchiesta ‘Rent’ della procura di Reggio Calabria è un calderone maleodorante in cui sono immersi e mescolati insieme pericolosi esponenti della ‘ndrangheta trapiantati a Milano, dirigenti di Expo 2015, imprenditori all’apparenza ‘puliti’, tangenti, corruzione, appalti e minacce. I nomi dei principali indagati sono quelli dell’imprenditore di Siderno Graziano Macrì, di Antonio Stefano (fedelissimo del boss di Marina di Gioiosa Jonica Giuseppe Coluccio), Salvatore Piccoli e Giuseppe Gentile.

Tutti legati a doppio filo, secondo gli inquirenti reggini, alla ‘ndrangheta. La mafia calabrese avrebbe fatto incetta dei subappalti di Expo, gentilmente concessi dalla ‘Coop rossa’ Co.Ve.Co., compresi quelli con cui sono stati costruiti i padiglioni di Italia, Cina ed Ecuador, oltre alla Piastra. Questo il quadro criminale che emerge dalle intercettazioni.

 Giuseppe Colelli, la gola profonda

A portare la Guardia di Finanza sulle tracce degli ‘ndranghetisti è stato, suo mal grado, Giuseppe Colelli, amministratore delegato della Infrasit srl, il quale, utilizzato come prestanome e intercettato al telefono, si lascia sfuggire frasi come “ci siamo presi il 70% dei lavori in Expo”, “abbiamo lavorato anche al padiglione dell’Italia” e “sulle opere per le ‘Vie dell’acqua’ c’è stata la tangente più grande in assoluto, il 50%”.

Confessioni involontarie che l’altro giorno hanno fatto scattare le manette per i parenti del defunto ‘boss dei due mondi’ ‘Ntoni Macrì, tutti appartenenti alle cosche Aquino-Coluccio e Piromalli-Bellocco.

Il fallimento dei controlli promessi da Renzi, Sala e Cantone

Ma come ha fatto la ‘ndrangheta a mettere le mani su così tanti lavori pubblici, nonostante le promesse di trasparenza fatte da Matteo Renzi e il controllo capillare degli appalti da parte del presidente Anac Raffaele Cantone? Una chiave di lettura provano a darla gli inquirenti stessi facendo il nome di Dario Lonardoni, ex direttore generale di Ferrovie Nord e candidato per FI al Comune di Saronno, presunto destinatario di mazzette.

Ma il quadro corruttivo rischia di allargarsi a macchia d’olio in tutta la Lombardia. Fatto sta che gli spergiuri pronunciati dal commissario Expo e ora sindaco di Milano, Giuseppe Sala, circa la liceità della concessione degli appalti vanno a farsi benedire, insieme alla ridicola dichiarazione di Cantone su “Milano capitale morale d’Italia”.