Rabah, Nashreddine, Jamel, Ramsi, Lofti, Nasim. Ai più, i nomi diranno poco o nulla ma per chi da 17 anni si occupa di tenerne in piedi la memoria sono nomi importanti. Sono i nomi dei sei giovani immigrati che morirono nella notte del 28 dicembre 1999 nel rogo del centro di permanenza temporanea di trapani, allocato all'istituto 'Serraino Vulpitta'. Furono vittime di un tentativo d'incendio che mise in luce tutti i limiti della Legge Turco-Napolitano che aveva istituito i CPT per migranti irregolari, oltre che mostrare le evidenti carenze della struttura.

Seguiranno anni tumultuosi, densi di manifestazioni pubbliche, alcune molto partecipate organizzate dalle associazioni di volontariato che operavano sul posto a supporto degli immigrati trattenuti. Ci sarà un procedimento giudiziario nei confronti dell'ex prefetto Leonardo Cerenzia accusato di omicidio colposo plurimo ed assolto nel 2004. Il clamore attorno ad un triste evento si è affievolito con il trascorrere degli anni ma c'è chi non ha dimenticato. In proposito il Coordinamento per la pace, promotore in passato di tante iniziative in favore dei migranti, ha prodotto un comunicato stampa.

'Merry Crisis and Happy New Fear'

I volontari del Coordinamento hanno scelto un titolo amaramente ironico per la nota diffusa agli organi di informazione. 'Merry Crisis and Happy New Fear' è il tema di un lunga riflessione in cui viene sottolineato che "dopo tutti questi anni lo scenario globale è drasticamente peggiorato ed i flussi migratori sono aumentati". Non potrebbe essere altrimenti, alla luce di ciò che accade in Medio Oriente "dove le potenze straniere muovono le loro pedine a tutela di inconfessabili interessi" ma anche nel "martoriato continente africano dove la guerra è una condizione permanente". A causa di questi accadimenti "uomini e donne continuano a scappare anche a costo della vita, perché di immigrazione si continua a morire".

Critiche al 'modello Trapani'

La nota del Coordinamento per la pace incentra la sua attenzione su Trapani, città di frontiera, dove sono sempre esistite le strutture per i migranti predisposte dallo Stato. Il 'Vulpitta' tra l'altro fu il primo CPT in territorio italiano. "La propaganda istituzionale oggi vorrebbe contrabbandare un presunto 'modello Trapani' - si legge nel comunicato - come esempio di efficienza ed accoglienza sul funzionamento dell'Hotspot di contrada Milo. La gente viene fotosegnalata e smistata in base al destino che solerti funzionari hanno stabilito, quelli che naturalmente giungono vivi e non su una bara adagiata sul molo. Questo - prosegue - è il modello di accoglienza di una Europa che non concepisce canali sicuri che possano consentire alle persone di giungere a destinazione, siano essi rifugiati o migranti economici. Ma le priorità del mondo sono la chiusura delle frontiere e la militarizzazione della società in nome della paura, del sospetto e della guerra al terrorismo".