Ed improvvisamente, il mondo si ricordò di Aleppo. Sembra il titolo più o meno azzeccato di un B-movie, una di quelle 'americanate' con pochi dialoghi e tante esplosioni. In questo caso è una bella lotta tra favelle sciolte e polvere da sparo, le prime vanno a ruota libera utilizzando diversi canali, da media celebrati a social network, pronunciate da opinionisti improvvisati che parlano di "tragedia immane", di "occidente che deve intervenire", di "dignità che va in pezzi". Dove siano stati costoro negli ultimi quattro anni, in cui il dramma della gente di Aleppo non ha mai conosciuto pause e perché la questione sia discussa proprio adesso, quando la più cruenta delle battaglie sul suolo martoriato della Siria è giunta alla conclusione, è un grande mistero.

Se così lo vogliamo chiamare.

Paradossi ed ipocrisie

Nel 2011 in molti scesero in piazza, anche in Italia, celebrando paradossalmente con le bandiere della pace ciò che si è rivelata una sciagura senza fine. Buona parte dell'occidente, compresi molti attivisti che hanno fatto dell'antiamericanismo una ragione di vita, festeggiavano quella che sembrava una rivolta popolare contro un regime sanguinario. Anno dopo anno, la rivoluzione siriana è stata sbugiardata ed oggi non è più un segreto che sia stata finanziata e supportata da governi di Paesi politicamente vicini alla Casa Bianca. Il destino di Bashar al-Assad sembrava segnato fino all'intervento diretto della Russia. Il Cremlino, con il preciso intento di proteggere i suoi interessi in Medio Oriente, ha cambiato militarmente le sorti del conflitto.

L'esercito siriano ha ripreso Palmira, poi riconquistata dall'Isis, ed ha speso uomini e mezzi nel tentativo di espugnare Aleppo est con l'obiettivo di riuscirci entro la fine del 2016. Ora che la presa di Aleppo è realtà, i media occidentali parlano di "genocidio", la Tour Eiffel viene spenta in segno di lutto per quelle vittime civili che in realtà muoiono da anni, gli attivisti hanno ripreso in mano le bandiere della pace sfoggiando il loro anticapitalismo d'annata che fa tanto 'radical chic' e parlano di 'dignità', concetto a loro assolutamente sconosciuto.

Che possa piacere o meno, perchè nessuno ha mai dipinto Assad come uno stinco di santo o Vladimir Putin come un 'liberatore disinteressato', quello attuale in Siria rimane l'unico governo legittimo. L'alternativa proposta dalla sedicente rivoluzione, capeggiata da guerriglieri addestrati tra Turchia, Arabia Saudita e Qatar, in buona parte affiliati ad Al Qaeda fino a pochi mesi fa, è quella di uno Stato islamico per nulla portatore di una ventata democratica.

Aleppo est è caduta, a pagarne il prezzo più alto sono stati i civili. Sono morti sotto i bombardamenti dell'aviazione siriana e russa perché purtroppo non esistono le 'bombe intelligenti' ma, altrettanti, sono stati ferocemente ed impietosamente uccisi dai ribelli che, a differenza degli aviatori, li guardavano in faccia mentre morivano. In guerra esistono sempre le atrocità, da una parte e dall'altra. Oggi quella parte del mondo occidentale che ha indirettamente provocato questa immane tragedia sta giocando la sua ultima carta, quella di una fragile propaganda che si arrampica sugli specchi e cerca di dimostrare al mondo che "in Siria, purtroppo, hanno vinto i cattivi". In Siria in realtà non ci sono ancora vincitori certi ma sappiamo chi sono gli sconfitti.

Non ancora i ribelli, stanno lasciando Aleppo ma controllano altre zone del Paese. A perdere è l'opinione pubblica occidentale, la disinformazione pilotata ed i fautori delle passerelle per la pace. Da parte di questi ultimi la caduta è ancora più indecorosa: hanno passato anni a fomentare manifestazioni anti-qualcosa attaccando un sistema "marcio e corrotto". Ora ne sono diventati strumento.