La notizia, trapelata già da due giorni, è di quelle da prima pagina: la Procura Generale sta per chiedere il rinvio a giudizio del sindaco di Milano, Giuseppe Sala, per i presunti reati commessi quando ricopriva il ruolo di commissario straordinario di Expo. Le ipotesi di reato che gli vengono addebitate sono due: falso e turbativa d’asta. Il sospetto dei magistrati è che l’esponente Pd abbia voluto condizionare le gare di appalto per l’Esposizione Universale meneghina allo scopo di favorire le imprese ‘amiche’ come la Mantovani, sponsorizzate da “ambienti politici regionali” al tempo sotto il controllo dell’ex presidente Roberto Formigoni.
A questa inchiesta esplosiva i media nazionali dedicano pochissimo spazio, esattamente l’opposto di quanto sta accadendo con il caso, penalmente molto meno grave, del rinvio a giudizio di un altro sindaco, quello di Roma, Virginia Raggi.
Il caso Sala sui giornali
Della notizia dell’inchiesta che coinvolge Giuseppe Sala salta subito all’occhio il disinteresse in cui è stata tenuta dai principali organi di informazione. Se per la Raggi i titoli cubitali in prima pagina si sono sprecati (vedi soprattutto gli esempi di Repubblica, La Stampa e Il Messaggero), per il suo collega milanese accade l’esatto opposto.
‘Zeru tituli’, come direbbe Josè Mourinho, sui tg e aperture assolutorie sui quotidiani online. “Sala non è la Raggi e l’efficienza non è reato”, titolava ieri, 24 giugno, Il Giornale berlusconiano, interessato alleato del renzismo. Il Corriere della Sera, invece, passa direttamente a dare conto della reazione di Sala, tralasciando del tutto la notizia: “Sala: ‘Amareggiato per l’accusa, autosospendermi? Non ci penso”. Tra gli altri, anche Il Sole24Ore Expo deicde di dare spazio alla reazione del primo cittadino: “Sala indagato: provo amarezza, continuerò nel mio lavoro”.
Sala non si dimette e non si autosospende
Se alcuni mesi fa, quando apprese la notizia dell’indagine per falso nei suoi confronti, Sala optò per una poco istituzionale autosospensione (durata solo una manciata di giorni), stavolta, con l’aggiunta della contestazione della turbativa d’asta, la sua reazione è più ‘di pancia’.
“Troverò in ogni caso in me le motivazioni per continuare a svolgere con la massima dedizione possibile il mio lavoro al servizio della mia città”.
I particolari dell’inchiesta
Sala, dunque, non si dimetterà “in ogni caso”. Ma, secondo la Procura Generale (sostituitasi alla Procura di Milano che aveva chiesto l’archiviazione dell’inchiesta), avrebbe firmato atti falsi allo scopo di sostituire due commissari addetti alla gara di appalto per la ‘piastra’, la fetta più grande della torta Expo. Inoltre, sempre a detta degli inquirenti, l’ex commissario avrebbe, come già accennato, “ceduto alle pressioni di ambienti politici regionali” al fine di “scorporare dall’appalto la fornitura di alberi per oltre 5 milioni di euro”.
In pratica, invece di predisporre un nuovo bando di gara, Sala avrebbe fatto in modo che a spartirsi l’appalto fossero le imprese ‘amiche’ come la Peverelli o come la Mantovani che, alla fine dei giochi, riesce a farsi pagare le piante, scrive Gianni Barbacetto sul Fatto Quotidiano, “in affidamento diretto il triplo del loro valore”. Ma il sospetto è che il renziano Sala abbia affidato altri lavori del valore di 34 milioni alla Mantovani attraverso la firma di 7 determine tutte sotto i 10 milioni di euro. Gli arresti di molti suoi collaboratori in Expo (Angelo Paris, Antonio Acerbo, Andrea Castellotti, Antonio Rognoni) poi, non depone certo in favore dell’innocenza di Sala.